Fu il potente rombo di un tuono in lontananza che svegliò Reyra, facendola sobbalzare. Sbatté le palpebre e scosse la testa per ridestarsi, prima di tastare con le mani la soffice erba su cui era seduta. La paladina si alzò, lasciando l’albero su cui aveva appoggiato la schiena. Era ancora buio, e il grande spazio verde che la circondava era completamente vuoto, salvo che per qualche cespuglio qua e là. Non si muoveva una foglia. Reyra fece qualche passo, mentre le sue orecchie coglievano un canto in lontananza.
E se andrò via, vieni sulla Luna
Se li mi cercherai, tu mi troverai
E le nostre anime saranno di nuovo una.
‘Chi canta…?” si chiese l’elfa del sangue, quando un altro rumore la face voltare.
Proprio dal cespuglio dietro l’albero su cui si era addormentata, emerse una figura, una piccola nobile oscura che portava in mano una piccola scatola piena di… fuochi d’artificio. La bambina aveva una veste violetta e dei capelli argentati che le arrivavano alle spalle. Le arrivava al massimo alla vita. Sorrideva. Un sorriso che Reyra conosceva bene, ma che la stranì ugualmente.
“Alucarynn…?”
La bambina non si curò di quanto la paladina fosse stranita da quel momento, rispondendo con la gioia nella voce.
“Che fai lì impalata? Dai andiamo!” disse prima di incamminarsi con passo veloce verso lo spazio verde. La paladina la osservò, ponendosi una domanda che la cui risposta le sembrò scontata.
“Sto sognando…?”
Quando Reyra la raggiunse, trovò la piccola nobile oscura abbassata sulla scatola.
“Alucarynn, cosa festeggiamo?” chiese. Ma anche stavolta, la bambina non rispose a quella domanda.
“Prendi quel coso che accendiamo qui!” le disse invece.
“Cosa dovrei prend…” aveva iniziato a rispondere Reyra quando in una tasca dei calzoni si tastò un piccolo oggetto. Lo tirò fuori e lo osservò. Era una sorta di bastoncino con un bottone che, se premuto, faceva uscire da un piccolo foro un altrettanto piccola fiamma. La paladina ridacchiò.
“Fattura gnomica, eh?”
Nel frattempo, la piccola Alucarynn si era portata di fianco a lei, con in mano due tubi sottili che terminavano con una miccia. Ne porse uno a Reyra.
“Dai, accendili, accendili!” la esortò con trepidazione.
La paladina eseguì, ed ognuno di loro due tenne in mano il sottile tubo dal quale partirono dei piccoli fuochi d’artificio, che esplosero a qualche metro d’altezza.
A Reyra venne da sorridere. Era un bel sogno. Quando i fuochi si esaurirono, la piccola Alucarynn si voltò verso di lei, con gli occhi sognanti.
“Non avevo mai visto niente di simile… Grazie Reyra, tutto questo è fantastico!” poi l’abbracciò, con le sue piccole braccia che non riuscivano a cingerla completamente, appoggiando la testa sulla sua pancia.
L’elfa del sangue sentì tutto il calore di quell’abbraccio, tutto il bene che quella piccola nobile oscura le voleva. Le accarezzò dolcemente la testa, e con altrettanta dolcezza la strinse a sé. Poi Alucarynn si staccò, e guardò prima in direzione della scatola con i restanti fuochi d’artificio e poi di nuovo Reyra. Quest’ultima sorrise ed annuì, porgendo l’aggeggio gnomico alla piccola.
Alucarynn corse ad accendere quello che restava nella scatola, prima di tornare nuovamente di corsa al fianco di Reyra al festoso grido di “inizia lo spettacolo!”
Bastò qualche attimo perché il cielo si riempisse di ogni tipo di colore. Ed entrambe lo guardarono, felici, rilassate, sorridenti. La piccola Alucarynn corse di nuovo per mettersi sotto la pioggia di lucine che i fuochi lasciavano sotto di loro, alzando le braccia al cielo, ballando felice. E Reyra la guardava, contenta di vedere quella bambina così piena di gioia sotto quei boati non di guerra ma di gioia. Si sorrisero l’un l’altra… Ma poi qualcosa cambiò.
Per un qualche attimo, solo quando Reyra batteva le palpebre, vedeva una cosa diversa. E sentiva cose diverse. I boati si facevano più violenti, più infuocati. I fuochi non esplodevano lasciando le lucine, ma si fermavano in cielo, grondando sangue. I boati si facevano sempre più forti… E in un lampo comparve il volto di quel mercante che avevano visto giorni e giorni prima… Relance.
Reyra scosse forte la testa chiudendo gli occhi, ma quando li riapri era tutto scomparso, compreso i fuochi d’artificio e la piccola Alucarynn.
Si alzò di scatto dal tronco su cui si era addormentata.
“Alucarynn!” chiamò, prima di guardarsi intorno. Era tornata alla realtà. Poco vicino c’era il suo compagno di viaggio tauren, seduto con i suoi totem a circondarlo.
Cadun sbuffò per l’ennesima volta, tanto che rinunciò alla sua intenzione di meditare, con tutto quel frastuono era impossibile.
“Non riesco ad entrare in connessione con la Madre Terra”, disse mentre appoggiava la pesante mano al suolo per alzarsi. “Eppure siamo lontani da tutto quel vociare e quella musica.”
Reyra diede uno sguardo all’orizzonte, si era messa a sedere e lanciava delle piccole pietre davanti a sé. Restò in silenzio, ripensando al sogno.
“E quel che è peggio è che non abbiamo trovato nessuna traccia né di Kentel, né di Alucarynn”, continuò il tauren mentre si avvicinava al tronco d’albero dov’era seduta la paladina. Una folata di vento gli smosse i capelli e sibilò tra le foglie dei vicini alberi. “Chissà dove sono finiti…”
L’elfa del sangue intanto aveva esaurito le piccole pietre da lanciare e tirò fuori dalla borsa da viaggio un piccolo specchietto grazie al quale iniziò a sistemarsi i capelli.
“Questa è una cosa che non avrei mai pensato di vedere”, osservò Cadun.
“E perché?”, gli chiese Reyra senza scostare gli occhi dallo specchietto.
“Ti facevo più una donna guerriero…”
“E le donne guerriero non hanno cura della propria persona?”
Lo sciamano scrollò le spalle. “Certo che sì, non volevo dire questo.”
“E allora non vedo dove sia il problema” chiosò la paladina mentre riponeva lo specchietto nella borsa dopo aver finito.
Cadun cambiò argomento. “Ci dirigiamo lì? È Tarren Mill quella, no?”
Reyra si alzò. “Si, è lei. Spero davvero di trovarli, sono preoccupata… Sono settimane ormai che non abbiamo nessuna notizia di loro.”
La paladina e lo sciamano si avviarono così alla volta di Tarren Mill….
…e proprio in quel momento, Kentel faceva attenzione a non fare alcun rumore mentre passava davanti alla stanza dove Alucarynn stava riposando. Guardò la porta per un breve istante.
‘Era così stanca che è crollata nonostante ci siano i festeggiamenti per la fine della guerra’, pensò. ‘Fa tanto la spavalda e la coraggiosa, ma in realtà…’
Sospirò sommessamente e proseguì, scendendo le scale. La sala inferiore, illuminata dalle lanterne, era quasi deserta, fatta eccezione per l’oste, una servetta elfa della notte, e tre non morti. Ma questi ultimi non avevano bisogno di dormire.
La kaldorei era la più vicina a lui e Kentel decise di rivolgersi a lei.
“Ehi, tu, pago la mia stanza e quella della nobile oscura, quanto vi devo?”
L’elfa della notte si voltò, lo guardò… e non gli rispose. Tornando poi a fare pulire il pavimento.
Il draenei restò un attimo interdetto. Poi riprovò.
“Mi hai sentito? Ho detto che pago la mia stanza e quella della nobile oscura, quanto vi devo?”
Di nuovo la stessa reazione. La voce dell’oste, un non morto, proveniente dal bancone lo raggiunge.
“Quella non parla, messer sciamano! Hyrela è una di quei fanatici di Elune, con le rotelle fuori posto! Ha fatto il voto del silenzio!” disse in tono sprezzante. “Ha preso male il rogo di quell’alberello, là… comunque sono 5 monete d’oro per le stanze”, concluse poi rispondendo alla domanda.
Kentel si avviò verso di lui per pagare ed una volta faccia a faccia con il forsaken, non poté fare a meno di chiederlo.
“A te va bene che non parli?”
L’oste rispose con un ghigno. “Che mi interessa? Tanto deve solo pulire, non serve che parli!”
Il draenei porse le monete al non morto, mentre il suo sguardo e quello di Hyrela si incrociarono di nuovo. Poi uscì dalla locanda, vedendo più da vicino perché quest’ultima era vuota. Le strade di Tarren Mill erano piene di gente, suoni, odori. Il villaggio era piccolo sì, ma era davvero pieno di gente. In ogni angolo c’erano musiche, canti e danze e i due chioschi che vendevano da bere erano assaltati dai festeggianti. La serata priva di vento e dalla temperatura piacevole contribuivano certamente a rendere possibile una tale ressa.
‘Posso anche farmi un giro prima di andare…’ pensò mentre si sistemava il mantello blu scuro e si alzava il cappuccio. Tuttavia, la passeggiata per lo sciamano durò ben poco. Almeno quella in solitaria. Aveva appena superato un vicolo infatti, quando una voce, fin troppo familiare, lo raggiunge da dietro di lui.
“Bene bene… Usciamo di sera? Facciamo i nottambuli?”
Kentel si fermò di colpo, sospirò e si voltò. Nella penombra, avvolta in un mantello come il suo e con il cappuccio alzato sul capo, c’era una figura femminile appoggiata ad un muro, con le mani dietro la schiena. Il draenei intravide un sorrisetto mentre, non cambiando postura, la donna si staccava dal muro dirigendosi verso di lui.
“Ero convinto di aver fatto nessun rumore” inizio Kentel. “Sono stato forse tradito dai miei zoccoli?”
“Sei stato tradito dal tuo essere fin troppo prevedibile, Kentel”, le rispose la figura incappucciata. “Dove vorresti andare da solo?”
“Sai, quasi mi stupisce vederti vestita.”
“A dir la verità mi sono messa a letta così, lo faccio sempre quando sono in situazioni di potenziale pericolo. Nuda ci dormo solo a casa mia a Suramar…”
Sembrava che avesse finito la frase, ma poi…
“…o vuoi la prova?” chiese infine la nobile oscura tra l’ironico e il malizioso.
“Piantala Alucarynn, questa è una storia pericolosa, tu non lo capisci!” Kentel aveva appena iniziato a parlare, ma già la strega aveva alzato gli occhi al cielo e sbuffato. “Devi aver avvertito, sentito anche tu quanto quel mercante, che non è sicuramente un mercante, sia potente e appunto pericoloso! E non sappiamo nemmeno niente dal lato di Xly, ci potrebbero essere attacchi, prenderebbero di mira il più debole!”
Alucarynn portò il viso vicino a quello dello sciamano. Kentel poté vedere gli occhi argentati della strega brillare come perle.
“Ah, quindi te? Dovrò stare attenta a difenderti allora! Vedi che hai bisogno di me?”
Senza attendere risposta si scostò ed oltrepassò lo sciamano. “Dai vieni, andiamo a bere! O pensavi che mi perdessi una festa dove si beve?”
Kentel scosse il capo e chinò la testa, ma poi raggiunse Alucarynn.
Passarono un paio d’ore a girare e a guardare i festeggiamenti, prima di recarsi al chiosco che nonostante fossero le 3 del mattino, era ancora pieno di gente in coda.
“Trova un posto, io prendo un paio di boccali di birra e ti raggiungo”, disse la nobile oscura prima di addentrarsi nella folla in coda. Kentel non discusse nemmeno quella decisione, ormai aveva capito che era inutile.
Si guardò intorno, notando che la maggioranza dei tavoli era già occupata. Poi ne notò uno da tre posti libero, tranne che per uno, sui cui era seduta Hyrela, la servetta della locanda.
Lo sciamano si avviò verso quel tavolo.
“Ti va se parliamo un po’?” Chiese mentre si sedeva. “Ho proprio bisogno di farmi una chiacchierata e chi meglio di te, Hyrela!”
La kaldorei si limitò a guardarlo. Kentel continuò.
“Io ti ammiro, sai? L’oste diceva che sei una fanatica, invece io ti trovo una persona ammirevole. Al contrario suo e di tutti qui, tu hai fatto una scelta, che onori, che rispetti, che segui con devozione. Già solo questo ti rende una persona migliore della maggior parte della gente che vedi qui. Perché tu credi in qualcosa, e ci credi davvero.”
Si voltò verso di lei.
“In cosa credo io, mi domandi? Io credo negli Elementi, come tutti gli sciamani di Azeroth e non solo. Credo in un qualcosa che forse è più materiale della tua credenza. La terra la posso toccare, il vento lo posso sentire, l’acqua mi può bagnare, il fuoco bruciare. No, no, quelle cose che ti hanno sulla nostra natura che è uguale a quella degli stregoni è falsa, ovviamente. Me li ricordo, sai? Quando hanno quasi distrutto Draenor. Noi sciamani siamo per la vita, quegli stregoni erano per la morte. Che anni che ho passato lì…”
Sospirò.
“E poi ci sono questi, vedi? I totem! Si, sono fatti di legno, incisi affinché possano aiutarci ad entrare in comunione con gli Elementi, affinché ci indichino la via. E certo che li puoi toccare, senti come sono leggeri! Alucarynn non mi vuole sentire. Per settimane ho pensato che mi desse solo fastidio una donna così, ma ora mi ritrovo solo a volerla proteggere. Ah, non mi guardare con quello stupore negli occhi! Sembra frivola, ma è pura. Forse non lo sa nemmeno lei.”
Guardò nuovamente Hyrela, la quale contraccambiava lo sguardo.
“Ma pensa un po’, dico di aver bisogno di parlare con te e non mi presento nemmeno! Mi chiamo Kentel, sono un draenei. E si, esatto, ho parecchi anni come hai detto tu. Venticinquemila, per essere precisi. Vivevo ad Argus, ma ora lì ci sono solo demoni. E poi a Draenor, come ti ho detto poco fa, ma i demoni sono arrivati anche lì. Poi sono arrivato qui ed ho conosciuto Cadun. Mi chiedi chi è Cadun? Un tauren, un amico, un appassionato di storia come me. Sta vivendo un momento tribolato ma si sta già riprendendo, è uno forte lui, anche se non ne è sempre consapevole.”
Un altro sospiro.
“E così sono arrivato qui su Azeroth. Bel pianeta, il vostro, eh! E mi hanno notato subito qui! Perché sono bravo, dici? Me lo hanno detto in molti sai? Kentel è bravo a fare questo! Kentel è bravo a fare quello! E cosa ne ho ottenuto, Hyrela? Di essere sballottato di qua e di là, ci pensa sempre Kentel! Ma sì, è come dici tu. La mia rovina è la mia passione per quello che faccio, l’amore che ci metto. Ma è anche quello che mi tiene in vita, che mi fa sentire vivo, mi dà le emozioni di cui ho bisogno, anche se certe volte è difficile.”
Il draenei vide Alucarynn avvicinarsi con i boccali di birra… ed altre due persone.
“Grazie per aver parlato con me Hyrela, ne avevo davvero bisogno. Come? Vuoi farmi un’ultima domanda? Come sto? Bene, benissimo. Kentel sta sempre bene, non ho niente.”
Quando infine Alucarynn si avvicinò abbastanza, il draenei fu felice di quello che vide.
“Ehi, Kentel, guarda un po’ chi ho trovato!”
Cadun abbracciò il compagno sciamano. “Sono felice di vederti sano e salvo, amico mio”, lo salutò.
Reyra gli fece eco. “Felice di vederti intero, Kentel. Grazie per esserti preso cura di Alucarynn.”
Quest’ultima diede un pugno sul braccio della paladina.
“Vi ho già detto che l’ho salvato io! Senza di me questa testa dura era morto!”
Kentel rise. “È vero, è vero, Alucarynn mi ha salvato. Le devo la vita.” Poi si fece più serio. “Ma ora dobbiamo parlarvi. C’è qualcosa che dovete assolutamente sap…”
“Eh no!”
Alucarynn interruppe subito Kentel con tono autoritario.
“Sono settimane che sia noi che loro viaggiamo. Settimane che siamo dietro a marchi, aristocratici, mercanti e cristalli. Stanotte pensiamo solo a noi, festeggiamo con questa gente! Non pensiamo a niente! Da domani torniamo ai nostri amati pensieri che ci avvelenano l’esistenza, ma stanotte no, ci dobbiamo divertire!”
E senza aspettare risposta, afferrò la mano della sua compagna e la strattonò verso la folla vicini ai musicisti.
“Vieni, Reyra, andiamo a ballare!”
L’elfa del sangue fu colta alla sprovvista. “Alucarynn! Alucarynn…!”
Cadun guardò perplesso Kentel, il quale invece sorrise. “Ormai mi sono abituato, che ci vuoi fare, è fatta così!”
E mentre i due sciamani osservavano, la nobile oscura iniziò a ballare, seguita, dopo qualche secondo di esitazione, dall’elfa del sangue. In quei momenti, Reyra si sentì di nuovo felice. Anche se solo per quella notte, rivide la bambina gioiosa che aveva sognato solo poche ore prima davanti a lei. Non diede peso nemmeno all’inquietudine che sentiva dentro di sé, o all’arrossarsi del suo occhio sinistro che le fece scendere una lacrima. Quello, come tutto il resto, poteva aspettare, doveva aspettare.
Quella notte era loro.