Una scintilla di luce, parte 7

I primi a notare la loro presenza erano stati i bambini e i gatti.

“Devi ancora accarezzarla per molto?” chiese Kentel alla sua improbabile, elfica, compagna.

“Yuna, quanto mi manchi…”, rispose Alucarynn non curandosi delle parole del draenei e continuando a passare dolcemente la mano dietro le piccole orecchie del felino. “Non sono mai stata così lontana da te…”

Il draenei stava intanto guardandosi intorno. Un terreno verde ed irregolare circondava il duo mentre costeggiavano le diroccate casupole in legno di quello che tanto tempo prima erano stato un villaggio umano. Era quasi giunto il tramonto, ed il sole stava per fuggire ancora una volta dal lungo, oscuro e scintillante manto della notte. Al secondo piano della taverna, distante alla sinistra dei due viaggiatori, si accese una luce seguita da altre due in una piccola abitazione davanti a lei. I bambini, due piccoli orchi, un maschio ed una femmina che lottavano tra di loro, si erano fermati per qualche secondo a guardare passare lo sciamano e la strega. Erano vestiti di pelli e cuoio e i loro sguardi, parse a Kentel, erano curiosi.

“Dici che hanno mai visto un draenei ed una nobile oscura così da vicino?” domandò Alucarynn ricambiando lo sguardo dei due piccoli.

“La guerra sarà anche finita da poco, ma quei due non credo avranno più di 4 anni. A quell’età le loro madri o i loro padri li avranno tenuti in un luogo sicuro da contatti con draenei o nobili oscuri…”

“Sarà…” Gli occhi argentati di Alucarynn passarono da Kentel ai due orchetti. “Alla fine sono un popolo combattente per natura… non mi stupirebbe se li avessero fatti assistere a qualche battaglia. In fondo c’è stato un fronte proprio qui dietro ad Arathi”, concluse la giovane donna esprimendo i suoi dubbi.

“… ciononostante”, continuò lo sciamano continuando a guardare dritto di fronte a sé e mantenendo l’andatura, “è altamente probabile che abbiano già visto un draenei nelle loro ancora brevi vite. Molto meno che abbiano incontrato qualcuno della tua gente, visto il vostro millenario isolazionismo. Non mi stupirei nemmeno se tu fossi la prima nobile oscura che vedono.”

“Al posto loro mi riterrei fortunato!” rispose scherzosamente Alucarynn salutando con un cenno della mano i piccoli. Questi ultimi, per tutta risposta, si guardarono per un breve istante, prima di scappare velocemente verso una casupola vecchia e sparire dietro una cigolante e ancor più vecchia porta.

La strega perse tutta la sua vena scherzosa, corrugando la fronte. Kentel la guardò accennando un mezzo sorriso.

“Non te la prendere, sono ancora troppo piccoli per cadere vittime della tua avvenenza.”

“Non volevo mica sedurli!” ribatté Alucarynn con un filo di irritazione nella voce. “Era solo un saluto!”

Lo sciamano tornò a guardare davanti a sé, mentre il diroccato villaggio di Tarren Mill lasciava il posto nuovamente al verde irregolare delle Alture di Colletortorto.

“Armistizi e belle parole non bastano per appianare anni di guerre e sangue. Serve l’unica arma di cui le nazioni di Azeroth sono sempre sprovviste… Il tempo.”

La nobile oscura rispose con una smorfia. “Argomento affascinante quello, specialmente per il mio popolo.”

“Deve essere stato difficile per una come te stare entro i confini di Suramar per tutto quel tempo.”

“Una. Come. Te”, ripeté Alucarynn cantilenando. “Perché, come sono io, Kentel?” Il draenei si sentì un po’ spiazzato dalla domanda. La strega proseguì. “Una facile? Che si diverte a portarsi a letto questo e quello? Magari per collezione?”

Kentel non si scompose. “Sarei uno sciocco a pensare qualcosa di simile solo per i tuoi modi di fare, mia signora.”

Alucarynn scoppiò a ridere. “Mia signora!”, ripeté. “Da quanto tempo non mi sentivo chiamare così!”

“Allora sei nobile non solo di razza”, azzardò lo sciamano mentre raggiungevano una vecchia torre di vedetta e la oltrepassavano. Il sole era quasi del tutto scomparso all’orizzonte. “Hai origini aristocratiche?”

I muscoli della mandibola di Alucarynn furono scossi da un forte tremito. “Quanto ti stupirebbe se ti dicessi che potrei parlare dettagliatamente di ogni araldo presente su Azeroth?”

Kentel abbozzò un mezzo sorriso. “Un po’ lo farebbe, lo ammetto.”

“E insieme a te stupirebbe tanti altri”, sentenziò la giovane elfa. “I miei nobili genitori avevano già organizzato un ancor più nobile matrimonio dinastico.” Poi il suo tono si fece falsamente pomposo. “Già mi vedevano in una bella tenuta di Suramar e a presenziare alla corte di Sua Magnificenza Elisande. Sia mai dispiacere la Prima Arcanista!”

“A quel che intuisco non è andata come avevano pianificato”, osservò Kentel.

“Un giorno in una strada verso la capitale, in una radura, ho visto un ubriaco intento a violentare una fanciulla. Poteva avere quindici anni, forse anche di meno. Le diceva ‘oggi ti facciamo vedere come deve comportarsi una vera signora!’ mentre le strappava la veste ed altri due tenevano il padre, un vecchio malfermo. Così mi sono avvicinata ed ho detto che anche per loro era arrivato quel momento. Avevo iniziato già da un po’ lo studio delle arti demoniache e quei tre sono finiti inceneriti in pochi secondi. Sai cos’hanno fatto la fanciulla mezza nuda e il padre?”

Kentel si strinse nelle spalle. “Ti hanno ringraziato?”

“Sono scappati. Niente ringraziamenti, niente inchini. I giorni della Legione sono difficili ad essere dimenticati, e vedere di nuovo usato quel potere provoca ancora terrore. Anche se lo usano per salvarti. E da quel giorno, tanti saluti alla brava elfetta aristocratica.”

Quando Alucarynn ebbe finito di parlare, lei e Kentel giunsero ai margini delle rovine di Riva del Sud. La notte era calata ed i gufi iniziavano a sentirsi tra gli alberi.

“Siamo arrivati, infine”, annunciò Kentel.

“Ma io non vedo nessuno qui”, gli fece notare la strega, mentre i due si guardavano intorno. Le esalazioni verdastre e tossiche usate dai Forsaken per radere al suolo il villaggio erano ancora visibili. “Sei sicuro che fosse qui il posto? Possiamo sempre tornare alla locanda di Tarren Mill…”

Poi, una voce li raggiunse dall’alto. Da uno degli alberi.

“Mai fidarsi del letto di un non-morto, signorina. Essi sanno cosa sia il riposo eterno, ma non ricordano più cosa sia farsi un riposo confortevole.”

Gli sguardi di Kentel ed Alucarynn si spostarono subito verso la direzione dalla quale proveniva la voce.

Il mercante di cristalli era seduto su un ramo, la schiena appoggiata al tronco ed una zampa penzolante. Stava addentando una mela e i suoi occhi erano sullo sciamano e la strega.

“Non avevo alcun dubbio che saresti venuto all’appuntamento, Kentel.”

Il draenei gettò via il frutto, compì un balzo e i suoi zoccoli atterrarono pesantemente sul terreno. Rialzandosi, si diresse lentamente verso il duo.

“Quando mi hai detto che mi avresti liberato, pensavo ad un modo meno traumatico”, gli disse Kentel mentre il mercante avanzava.

Relance rispose facendo una smorfia. “Oh, andiamo Kentel, un po’ di movimento! Tutti quegli anni col Circolo della Terra ti hanno fatto arrugginire un po’, del movimento non ti avrà fatto male! E poi…” Si voltò verso Alucarynn. “La dolce strega è arrivata in tuo aiuto.” Si portò la mano sul petto e fece un breve inchino, sempre con il suo mezzo sorriso stampato in faccia.

“Dolce strega?” ripeté la nobile oscura con sarcasmo. “Chi è questo draenei, Kentel? Non mi piace essere presa in giro da degli sconosciuti.”

Lo sciamano rispose mantenendo lo sguardo fisso sul mercante, il quale a sua volta lo mantenne sulla strega. “Relance, un mercante di cristalli. È lui chi ci ha detto che Reyra era a Suramar e sempre lui mi ha… liberato* dalla nave degli Elfi della Notte.”

“Lui sapeva che Reyra era da me?” domandò stranita la nobile oscura. “Come?”

Il mercante giocherellò con i cristalli nella sua bisaccia. “La vostra amicizia con la guaritrice elfa del sangue è ben nota ai più informati, Lady Alucarynn.”

“Non sono più una lady”, rispose glaciale la strega.

Relance ridacchiò. “Oh, lo siete eccome, mia signora. Per quanto vi siate sforzata durante questi anni di essere qualcun altro, di fare la disinvolta, la disinibita, la combattente… Per quanto cerchiate di allontanare quell’altra nobile oscura che è dentro di voi, di cui vi preoccupate tanto di non far vedere ma che volete allo stesso tempo proteggere, la vostra eleganza è rimasta…”

“Taci!” urlò Alucarynn stringendo i pugni con la rabbia dipinta sul volto.

“…innata”, concluse invece con voce calma Relance.

Ma l’ira di Alcurynn fu tutt’altro che placata da quell’apparente complimento. Si avvicinò a grandi passi al mercante, con gli occhi iniettati di sangue e la voce tremante.

“Tu non mi conosci! Non sai chi sono! Come ti permetti di rivolgerti a me in questo modo!?”

Il suo viso arrivò ad un palmo da quello di Relance. Ed in qualche modo, la nobile oscura si sentì turbata dagli occhi del mercante. Da come la guardavano. Lui, dal canto suo, non perse la compostezza, né la sua voce perse la calma.

“Fate attenzione a come vi rivolgete a chi avete davanti, Lady Alucarynn. Non sapete mai come l’altro possa reagire.” Fece nuovamente un breve inchino. “Chissà che un giorno la Lama Gentile non riveda la sua decisione di non combattere più.”

“Non ti azzardare a toccare Reyra!” ringhiò Alucarynn.

Kentel sospirò. “Sono qui, ora, Relance. Era me che volevi, giusto? Sono qui, dimmi cosa vuoi per saldare il debito”.

Relance si rialzò e si diresse verso lo sciamano, sorridendo.

“Oh, Kentel, è molto semplice. Voglio che tu recuperi per me un credito. Facile, no?”

“Un credito?” chiese dubbioso lo sciamano. “Da chi?”

“Da qualcuno che già conosci”, rispose il mercante. “Xly.”

“Xly?” ripeté sorpreso Kentel. “Anche lui ti deve un favore?”

“Mi deve molto più che un favore. Non rispetta i patti.”

Kentel si sentì confuso. “Spiegati meglio”, disse. “È un po’ burbero, non mi pare uno che non mantiene la parola.”

Relance rise sonoramente. “Xly è un bugiardo, un mentitore! Scommetto che non vi ha detto che non è in grado di togliere il tuo marchio, Kentel. O chi gli ha dato il potere di annullare marchi e maledizioni.”

“Effettivamente non ci ha detto niente…” rispose Alucarynn.

“Certo che no! Quel marchio non lo può togliere perché è stato applicato dalla stessa persona che gli ha dato quel potere, cioè io!” Il mercante iniziò a camminare, a percorrere un breve tratto davanti ai due compagni, camminando orizzontalmente avanti ed indietro. “Che furbo che si è dovuto credere! Aiutare sconosciuti per pulirsi la coscienza, anche a costo della propria anima! Avrà pensato di fregarmi all’ultimo rimuovendo anche il suo di marchio, povero sciocco!”

“La sua anima?” domandò Kentel.

“Ah non vi ha detto nemmeno questo?” ridacchiò. “Ad ogni marchio che rimuove, Xly perde un pezzo della sua anima. È questo il prezzo del potere. Ma ha pensato bene di farsi fare un elisir da quel suo amico, quello che chiamano l’Alchimista, per incatenare la sua anima al suo essere.”

“Chi?” Alucarynn non sapeva nulla di quell’Alchimista.

“Un worgen, molto abile con l’alchimia. Avrete visto la sua isegna da qualche parte, raffigura un cervo con della dinamite legata al corpo. Lo chiamano anche ‘Il Maestro’.”

“Aspetta, questa è la tua versione!” disse Kentel con la mente ancora più confusa. “Chi ci assicura che tutto questo è vero? Che non stai cercando di ingannarci?”

“Oh, questa non è la mia versione”, rispose calmo Relance, che poi estrasse dalla bisaccia un cristallo blu e lo lanciò allo sciamano. “Questi sono fatti.”

Kentel afferrò al volo il cristallo e lo guardò attentamente, con Alucarynn che si avvicinò per fare altrettanto. Era stranamente luminoso, ma i due capirono che il fatto era dovuto ad una piccola scintilla di luce presente all’interno del minerale.

“Esponilo alla luce della luna”, lo istruì Relance.

Senza dire una parola, Kentel fece come gli era stato detto. La piccola scintilla di luce si illuminò e si irradiò per tutto il cristallo, proiettando una luce blu davanti a sé. All’interno di quella luce si muoveva sul posto una sagoma femminile, completamente nera, sembrava fatta di denso fumo.

“Guarda, Xly, guarda!” La voce non era chiara, sembrava come se la figura parlasse all’interno di un imbuto. “Com’è bello stare qui! Staremo sempre insieme, vero?” La sagoma rise e sparì, poi riapparse.

“Sono così felice che questo regalo ti sia piaciuto! Non mi importa cosa dicono gli altri, so che ammiravi Arthas e ho pensato che questo potesse piacerti!” La sagoma rise di nuovo, e gettò le braccia al collo di qualcuno di invisibile. Poi di nuovo, scomparse e comparì nuovamente. Ma questa volta era per terra, immobile, la voce rotta e spezzata.

“Xly…p-perchè..? T-ti…p-prego…a-aiutami..” la voce era sempre più rotta dai singhiozzi e dal dolore. “X-xly… voltati…t-ti p-prego… p-perchè..?”

Dopodiché, il fumo si dissolse e la luce blu si spense insieme al cristallo.

“Ora l’avete visto con i vostri occhi. Kentel, aiutarmi a far pagare a questo codardo il suo debito. E stai tranquillo, sono pur sempre un mercante, non ti chiedo di farlo senza niente in cambio. Ti darò tutto quello che vuoi. Una sola cosa, ma qualunque cosa desideri sarà tua. Vuoi avere la più grande connessione con gli Elementi che uno sciamano abbia mai avuto? Sarà tua. Vuoi poter conquistare qualsiasi donna susciti il tuo interesse? Lo farai. Qualsiasi cosa vorrai, sarà tua. Oltre ovviamente a rimuovere il tuo marchio.”

Lo sciamano stette un attimo in silenzio, osservando il cristallo e la scintilla che era tornata ad impicciolirsi.

“Ti aiuterò non per il desiderio, ma perché voglio vederci chiaro in questa storia. Ho già visto troppa sofferenza qui su Azeroth. Magari Xly è solo una vittima di un qualcosa, ormai questo pianeta è scandito solo da guerre e sofferenze. Azeroth si ricorda solo di quelle.”

Il mercante draenei ripropose il suo mezzo sorriso, poi si girò verso le rovine di Riva del Sud. “Dimmi, sciamano, conosci la storia di questo luogo?

Kentel non capì il senso di quella domanda in quel momento, ma rispose ugualmente.

“Certo. Le Alture di Colletortorto sono considerate il campo di battaglia di Azeroth. Lothar e Khadgr arrivarono qui dopo la caduta di Stormwind, poi ci fu una grande battaglia tra i paladini ed i cavalieri della morte durante la Seconda Guerra. Tarren Mill e Riva del Sud sono state in lotta per anni, fino a quando Sylvanas non ha distrutto il villaggio umano con la Piaga.”

Ah, Kentel, Kentel…” sospirò Relance con lo sguardo rivolto alle stelle. “Sei davvero preparato riguardo alla storia di Azeroth. Ma lascia che ti faccia un appunto. Se io parlo della Battaglia di Darrowshire, chi la ricorderà tra i Tauren? O tra gli amici della tua lady, qui? O tra la nostra stessa gente?”

“Chi conoscerà abbastanza del proprio pianeta per conoscere i suoi eventi e le sue tragedie”, rispose il draenei. “Ed imparare da esse.”

Il mercante abbozzò un mezzo sorriso. “Ma se io dico ‘Arthas Menethil, Illidan Stormrage, Thrall, Sylvanas Windrunner…'”elencò mentre dalla sua bisaccia estraeva quattro cristalli, “tutti sapranno di chi parlo.”

“Ecco il mio appunto, allora”, annunciò mentre lanciava dolcemente i cristalli a terra, ognuno di un colore diverso. Da essi uscì un leggero e denso fumo che andò a formare delle parole.

“Azeroth non si ricorda delle battaglie…” Le parole composte dal fumo erano ormai chiare. Kentel le lesse mentalmente, da destra verso sinistra.

“Kentel”, “Reyra”, “Cadun”, “Alucarynn”, “Xly”.

“…si ricorda dei nomi.”