Una scintilla di luce, parte 6
Erano passati interi giorni da quando avevano perso Kentel, e Reyra non riusciva a pensare ad altro che a quella notte.
‘Se solo fossi stata più attenta’, continuava a ripetersi. ‘Se solo avessi visto quell’elfo della notte alle mie spalle…’
I suoi pensieri erano disturbati dal pianto dell’elfo vicino a lei, mentre le sue energie erano dirette alla donna che aveva davanti, quattro ferite all’addome, profonde. La donna, un’elfa del sangue come lei, aveva il viso pallido di chi sta per essere svuotato della vita.
‘Dove l’avranno portato?’
Dal suo palmo si stava sprigionando una luce dorata intensissima. Le ferite emisero del fumo mentre la mano della paladina passava sopra di loro. Poi si chinò verso di lei.
“Alzati”, le sussurrò. Come se quella parola contenesse la fiamma della vita. L’elfa digrignò i denti in una smorfia di dolore, mentre il fumo si andava diradando e le sue ferite si richiudevano. Il compagno dell’elfa aveva smesso di piangere di disperazione per iniziare a piangere di gioia, mentre lei stessa, con il respiro affannoso, guardava e si toccava incredula l’addome tornato intatto.
“Lady Reyra, oh, sia lode alla Luce, sia lode alla Luce… siamo stati fortunati ad incontrarvi!” La ringraziò con enfasi l’elfo del sangue mentre abbracciava la compagna. “Non potremo mai ringraziarvi abbastanza!”
La paladina si rimise in piedi senza nemmeno dare troppo peso a quelle parole, dirigendosi verso il suo destriero per rimettere a posto le pozioni curative che aveva dato all’elfa prima di utilizzare il potere della Luce su di lei.
“Non avete alcun debito con me, ho fatto solo il mio dovere”, rispose mentre rimetteva le pozioni nella bisaccia. “Ma state attenti la prossima volta! La guerra sarà anche finita, ma alcune strade sono ancora pericolose.” Montò a cavallo. “Piuttosto ditemi, avete visto un draenei da queste parti? Magari in compagnia di alcuni elfi della notte?”
I due elfi del sangue scossero la testa. “No, milady, mi dispiace, non abbiamo visto nessun draenei o elfi della notte”, rispose lui.
“Però, magari alla festa…” Intervenne lei, con la voce ancora provata.
Lo sguardo di Reyra si fece interrogativo, così come la sua voce. “Festa?”
L’elfo guardò la sua compagna con la stessa espressione di Reyra per un attimo, poi il suo volto si illuminò.
“Ah sì! Un nobile del luogo organizza una festa in maschera stasera, per celebrare l’armistizio! Ho sentito che ci sarà molta gente, magari potreste trovare il draenei che cercate lì o chiedere a qualcuno…”
Reyra non prese quella prospettiva con particolare entusiasmo. “Non credo che il draenei che cerco possa trovarsi ad una festa in maschera, né tantomeno ho un abito adatto ad un evento del genere… O una maschera.”
“Oh, non preoccupatevi di questo!” le disse l’elfa che nel frattempo si era completamente ripresa. “Lord Redspark affitterà abiti e maschere all’entrata della sua villa, ci tiene davvero tanto che questa festa abbia più partecipanti possibili!” Le rivolse un sorriso. “Sono certa che troverete ciò che fa per voi!”
Reyra ci pensò un attimo, ma non disse più altro a riguardo. “Grazie per le informazioni”, disse infine mentre faceva girare il destriero dalla parte opposta della strada. “Che la Luce vi accompagni nella vostra via.”
I due elfi fecero un inchino. “Siamo noi a ringraziarvi, Lady Reyra. La vostra fama è più che meritata!”
Con un colpo di redini, la paladina si diresse all’accampamento.
‘Sicuramente non troverò Kentel in una festa in maschera…’, pensava mentre il destriero procedeva al piccolo trotto. ‘Ma se è vero che ci saranno molte persone…’
Quando tornò all’accampamento, o sarebbe stato meglio dire la piccola radura poco fuori dalla strada in cui lei e lo sciamano si erano fermati per riposarsi brevemente, trovò Cadun seduto in mezzo ai suoi quattro totem, entrato in comunione con gli Elementi. Si erano incontrati lì, nelle Montagne Crestarossa, mentre la paladina saliva dalle Valle di Rovotorto e lo sciamano scendeva da Lordaeron. Nemmeno lui aveva trovato Kentel. Aveva gli occhi chiusi e i suoi respiri erano profondi. Reyra scese dal destriero e lo legò ad un albero, mettendogli davanti anche un po’ d’acqua da bere, poi si sedette vicino ai resti del fuoco.
“Trovato?” Le chiese Cadun restando immobile e con gli occhi chiusi.
“Kentel no”, rispose lei. “Ho trovato una festa in maschera, se ti interessa.”
Fu allora che il tauren si voltò verso di lei. “Una festa in maschera?”
Reyra raccontò a Cadun tutto quello che era successo, dei due elfi e di quello che le avevano detto.
“Non sarà sicuramente lì”, concordo lo sciamano, “ma dobbiamo ammettere che le possibilità di trovare qualcuno che l’abbia visto sono alte. Una festa attira sempre un sacco di gente. E poi…” Il tauren si alzò. “Non vedo proprio l’ora di mettermi un bel vestito elegante!” Rise battendosi con la mano la grossa pancia.
Arrivarono alla villa di Lord Redspark al tramonto, nella parte meridionale al centro delle sponde del Lago Placido. Il viale verso la dimora del lord non era molto diverso da quello del Signor Xly, notò Reyra. Anche lì c’erano lanterne a costeggiare la strada verso l’ingresso, ed un ampio e curato giardino ai lati della strada. Davanti la porta che conduceva all’interno trovarono un uomo, con indosso una maschera da gnoll a coprirgli interamente il volto, fatta eccezione per gli occhi. Quest’ultimo era un giovane alto e prestante, ed accolse la paladina ed uno sciamano con un inchino.
“Milord, milady, benvenuti alla festa in onore dell’armistizio di Lord Redspark!” Con un cenno della mano li invitò poi a guardare alla sua destra, dove erano sospesi in aria, grazie alla magia, decine di abiti maschili e femminili, e sopra di essi le maschere. Ce n’erano di ogni tipo. Da quelle di animali, come gatti, lupi, volpi ed orsi, a quelle delle varie razze di Azeroth, per finire con quelle di alcune creature come gnoll o murloc.
La scelta di Cadun cadde su un elegante completo nero, che tuttavia sembrava bizzarro se applicato alla sua stazza imponente, accoppiato con una maschera da lupo.
“I lupi sono animali affini a noi sciamani”, disse. “Anche se ammetto di aver avuto la tentazione di prendere quella da murloc.” Rise fragorosamente.
Reyra scelse invece un abito lungo, color perla, che le lasciava scoperte le spalle e si allargava leggermente solo verso la parte più bassa. Il vestito era stretto da una cintura di bellissime perle azzurre ed una spilla in argento ritraente il simbolo dell’Orda teneva insieme il vestito nelle vicinanze della spalla destra. La maschera abbinata era quella di un gatto, leggermente alzata nella parte inferiore. L’elfa del sangue calzò infine delle eleganti scarpe di un cristallo vivido. Dopo essersi cambiati a turno nel camerino vicino, anch’esso magico”, fecero la loro entrata nella villa.
“Se non sapessi che sei tu, stenterei a riconoscerti, Reyra!” le disse Cadun quando la vide. “Stai benissimo! Non sapevo ti piacessero i gatti…”
“Più delle persone.” La paladina si sentì lusingata. Era da parecchio tempo che non indossava un abito come quello. Il duo venne subito invaso dal vociare allegro della festa. Guardandosi intorno, videro quello che speravano. Tantissime persone, di quasi ogni razza avevano deciso di partecipare alla festa di Lord Redspark. Tutti erano mascherati, chi stava intrattenendo discussioni, chi stava giocando ad una delle mille attrattive messe a disposizione degli ospiti, chi assaggiava dalle tavole riccamente imbandite, chi prendeva calici dai vino dai vassoi portati in giro dagli inservienti…
“Forse saremo fortunati questa sera” disse piano Cadun. “Guarda quanta gente… e come si divertono! Magari hanno pure la lingua sciolta! C’è persino un club dei duellanti! Sono certo che se tu partecipassi, vinceresti il primo premio!”
“Io non combatto.” Reyra si guardò intorno. “Con quelle maschere si sentono tutti più liberi… paradossalmente lo sono di più che quando non la indossano, quando costretti ad andare in giro con il loro volto, la loro vera maschera…” Avanzò. “Andiamo, facciamoci un giro e vediamo se riusciamo a sentire qualcosa che ci torni utile.”
La paladina e lo sciamano entrarono così nel vivo della festa, tra musica, balli, chiacchiere, giochi e risate, ma nessuno sembrava parlare di draenei ed elfi della notte. Poi, l’attenzione di Reyra venne catturata da un’altra elfa. Una paladina come lei all’apparenza, che non indossava un abito da festa, ma l’armatura dell’ordine. Non aveva nemmeno una maschera, ed il suo volto era scoperto. Aveva gli occhi castani, lo stesso colore dei capelli intrecciati in una lunga treccia che le scendeva da un lato. L’elfa del sangue stava parlando ad una piccola folla che si era radunata sotto un altrettanto piccolo palco. Reyra e Cadun si avvicinarono per ascoltare.
“Si, è vero, la guerra è finita”, stava dicendo la paladina. Reyra notò in prossimità del cuore il simbolo del vecchio Silver Hand. “Ma non bisogna abbassare la guardia! Le forze del male non sono sparite da Azeroth, non sappiamo cosa trami Sylvanas e il suo fido Nathanos è sparito! Non dobbiamo perdere la guida della Luce, non dobbiamo dare la giustizia per scontata! Anni fa ho perso il mio amato compagno, un valoroso paladino che certamente molti di voi avranno conosciuto. Da quel giorno cerco di mantenere la promessa che gli feci, impegnandomi ogni giorno per far valere i valori della giustizia, e renderla a lui e a tutti i popoli di Azeroth. Ho visto la figlia di Lord Redspark morire, combattendo per la Crociata Scarlatta ma credendo in ideali giusti. Non dobbiamo perdere l’ideale della giustizia, mai! Dobbiamo portare la Luce in ogni cuore di Azeroth!”
Seguirono scroscianti applausi, poi la paladina scese dal palco, dirigendosi verso Reyra e Cadun.
L’elfa fece un inchino reverenziale. “Lady Reyra, sono onorato di fare la vostra conoscenza”, disse con tono gentile. “Ho sentito parlare molto di voi.”
Reyra chinò il capo in segno di saluto. “Hai fatto un bel discorso, ragazza”, rispose mentre i suoi occhi all’interno della maschera di gatto guardavano la treccia castana della giovane paladina. “Qual è il tuo nome?”
L’altra elfa rispose da dietro la sua maschera di volpe. “Rhenya Blackfire, milady.”
Reyra annuì. “Noto la spilla del Silver Hand… devi essere una paladina di vecchia data, ma non ricordo di averti vista…”
“In realtà no, milady. Sono diventata una paladina solo recentemente, il mio defunto compagno era del Silver Hand.” Sull’elfa del sangue per un attimo scese un velo di tristezza, ma si riprese subito.
“Vogliate scusarmi, ora…” disse facendo per prendere congedo. “È stato davvero un onore Lady Reyra, e anche fare la vostra conoscenza milord”, chinò la testa verso Cadun. “Devo andare.”
Reyra rispose al saluto chinando anch’ella il capo, ma prima che Rhenya Blackfire andasse via, provò a chiedere a lei. “Avete per caso visto o sentito dire di un draenei in compagnia di alcuni elfi della notte, di recente?”
L’altra paladina scosse il capo desolata. “No, milady, mi dispiace… Di nuovo…” chinò il capo e andò via.
“Non può essere sparito nel nulla!” esclamò esasperato Cadun. Ma Reyra in quel momento si sentì frastornata. Le girò perfino la testa. Afferrò un calice di vino da un vassoio che stava transitando nelle vicinanze e bevve un sorso.
“Scusa, Cadun, cerco un posto più tranquillo per due minuti.”
Reyra stava osservando i fuochi d’artificio quando Cadun la raggiunse, sedendosi accanto a lei sulla panca di legno.
“Ti conoscono davvero in tanti qui” le disse mentre prendeva posto. “Il tempo della strada per raggiugerti, avrò sentito nominare il tuo nome almeno una decina di volte.”
“Se lo desideri ti cedo volentieri la metà delle persone che mi hanno nominata”, rispose la paladina. “La maggior parte non sa distinguere tra Reyra guaritrice e Reyra persona, anzi, se ne frega proprio.” Agitò il vino all’interno del calice che teneva elegantemente in una mano, bevendone poi un sorso.
Il tauren sospirò. “So bene quanto la gente possa essere inopportuna.”
“A chi lo dici”, avrebbe voluto rispondere la paladina. Ma lo pensò soltanto. Come pensò a tutte le volte che alcuni si erano presentati alla sua porta ignorando la sua stanchezza, la sua voglia di starsene un po’ per i fatti suoi, la sua voglia, il suo diritto di avere una vita oltre quello faceva, pur con passione e dedizione. Ed erano sempre questioni futili. Ma invece che tutti questi pensieri, riuscì a dire solo una cosa allo sciamano, senza mai distogliere lo sguardo dal cielo. “Ci sarebbero dovuti essere più fuochi d’artificio rosa.”
“Come vi siete conosciute tu e Alucarynn?” azzardò Cadun. “Siete così diverse…”
Reyra rise sommessamente mentre la brezza della sera si incuneava tra le aperture della sua maschera da gatto e le voci della festa entravano nelle sue orecchie.
“Così strane da stare insieme”, rispose la paladina che si passava e ripassava un piccolo sassolino tra le dita. Lo sciamano accanto a lei era stupito.
“Ah! Questa sì che non me l’aspettavo! Ora sono ancora più curioso.”
Reyra lo guardò distrattamente per qualche istante. Secondi che le sembrarono lunghissimi mentre decideva se soddisfare la curiosità del tauren o meno.
“Ho conosciuto Alucarynn durante la liberazione di Suramar qualche anno fa”, iniziò l’elfa del sangue guardando la fontana davanti a sé. Il suo tono di voce si era fatto più calmo, conciliatorio. Come se stesse parlando a sé stessa più che a Cadun.
“Ero partita con la guarnigione di Lady Liadrin per togliere di mezzo quella stronza di Elisande e lì mi sono trovata al fronte con questa nobile oscura davvero insubordinata, faceva sempre di testa sua, se ci penso…”
Di nuovo la risata sommessa.
“Le dicevano una cosa e lei ne faceva un’altra, dovevo essere sempre lì a riprenderla. All’inizio la odiavo, e non dubito che la cosa fosse reciproca.”
“E come sono cambiate le cose?” Chiese Cadun.
Reyra sospirò. “Come ti ho detto quando eravamo nella dimora di quell’altro tauren, Alucarynn è cambiata dopo la morte della sorella. Da lì si può dire che è addirittura peggiorata. È diventata più arrogante, più disinibita all’apparenza, ma è tutta una farsa… Un giorno l’ho trovata che piangeva su un piccolo libriccino. Mi disse che scriveva a sé stessa, per far sì che non si perdesse in quel dolore.”
In quel momento lo sciamano ripensò a quello che aveva letto quando erano stati a casa della nobile oscura, e capì.
“Da allora mi sono avvicinata a lei”, stava continuando Reyra. “C’è così tanto che l’occhio non riesce a vedere, Cadun… Alla fine mi ha confessato che mi odiava ancora, ma in un modo diverso.”
La paladina non specificò allo sciamano di quale odio si trattasse, ma in quel momento sentì nella sua mente la dolce voce di Alucarynn ripetere quelle parole, proprio come aveva fatto quel giorno.
“Ti odio, Reyra. Odio il modo in cui mi parli, odio quei tuoi capelli così scarlatti. Odio il modo in cui cavalchi il tuo maledetto destriero da paladina, odio quando non abbiamo mai tempo per parlare. E odio i tuoi sbalzi d’umore e il modo in cui mi leggi nella mente. Ti odio, Reyra… Odio quando hai sempre ragione, odio quando mi menti, odio quando mi sorridi, odio quando mi fai ridere e ancor di più quando mi fai piangere. Odio quando tu non mi sei intorno, ma sai cosa odio più di tutto? Il fatto che non ti odio… Nemmeno quasi… nemmeno un pochino… nemmeno… Niente.”
Era stata la prima volta che si erano baciate.
“È stato in quel momento che ho capito, Cadun” disse lanciando il sassolino dentro la fontana. “Quando i miei occhi sono stati vicini ai suoi, ho capito. Ho capito cosa c’era dietro quella nobile oscura dal corpo seducente… Una ragazza così fragile, stanca ma piena di vita, con quegli occhi che lottano contro il suo corpo. Lottano per fare vedere quello il suo aspetto nasconde.” Si alzò dalla panca di legno e si avvicinò alla fontana. Il murloc in marmo bianco sembrava ancora più buffo da vicino. “Ed ho capito anche di essere stanca della vita che facevo.”
“Ti capisco più di quanto tu non creda”, le disse Cadun restando al suo posto. “Anche io tendo a non fidarmi delle apparenze, magari restandoci pure male, a volte. E per quanto riguarda la tua stanchezza verso la vita che hai condotto, beh, immagino sia stata costellata da battaglie. La tua fama ed il tuo titolo ti precedono…”
Reyra ebbe un attimo di stizza nella voce. “Sapessi quanto lo odio quel cazzo di titolo che si sono inventati! Lama Gentile… Come se ci potesse un modo gentile di uccidere…”
Sospirò e la voce si affievolì di nuovo, diventando triste. “Ho vissuto la guerra per anni ed anni. Ho visto la mia patria distrutta da dei mostri, la mia eroina e fonte d’ispirazione venire uccisa… Poi una guerra civile che ha portato alla morte del nostro Principe, colui che più di tutti doveva portarci alla rinascita. E poi di nuovo, un’altra guerra contro l’Alleanza, l’abbandono di Sylvanas…”
La voce di Reyra si incrinò. “Ogni giorno mi svegliavo e indossavo l’armatura, indossavo questo volto, lo stesso che mi avrebbe condotto al giorno successivo. Non importava niente di come io mi sentissi dentro, niente… Fino a quel momento in cui ho avuto gli occhi di Alucarynn davanti ai miei. In quell’istante nessun muro mi circondava più, ero senza difese. Mi sono sentita come mai prima… nuda. Perché sebbene quella che non si fa problemi a girare senza vestiti sia lei, come hai visto, la verità è che sono io quella nuda davanti a lei. Ed è così… giusto! Forse avevo solo bisogno di qualcuno che mi aiutasse a stare in questa mia pelle… Avevo solo bisogno di Alucarynn. Da quel giorno non combatto più. Voglio accendere la luce negli occhi delle persone. Non spegnerla.”
Trasse un profondo respiro. “Dai, torniamo di là. Ricordiamoci che siamo qui per un motivo ben preciso.”
Reyra e Cadun tornarono così alla festa, che non era minimamente scesa di tono dalla loro breve assenza. Ancora canti, ancora balli, ancora risate… e fu in quel momento che la paladina vide un draenei e subito fece cenno al tauren. Ma non era Kentel. Lo sciamano conosceva bene quella sagoma.
“Relance?”
“Lo conosci?” gli chiese Reyra.
“È il mercante di cristalli che ci ha detto dove abitavi a Orgrimmar”, le rispose.
“Ah, davvero? Magari sa pure dove si trova Kentel…”
I due si avvicinarono, e ben presto Relance li notò. Chinò il capo quando si trovarono a breve distanza, dopo averli riconosciuti. “Lady Reyra, Cadun! È un vero piacere vedervi qui!”
L’elfa notò che il draenei non indossava un abito elegante né una maschera.
“Salve, Relance”, lo salutò Cadun. “Anche voi qui, alla festa?”
Il dranei rispose in modo affabile come suo solito. Reyra lo stava osservando attentamente. “Oh no, sono qui in veste di mercante.” Videro la bisaccia traboccante come al solito di scintillanti cristalli di ogni colore. “Anche il vostro amico Kentel è qui? Dove l’avete lasciato?”
“Veramente volevamo chiederlo a voi…” rispose Cadun amareggiato. Quella domanda era già una risposta per loro.
“Oh, mi dispiace, ma io non lo vedo dal nostro incontro ad Orgrimmar…” Relance restò sorpreso e affranto. “Avete provato a…”
Ma la frase venne interrotta da delle urla. Un uomo stava correndo come un forsennato e poi si fermò, cadendo in ginocchio, portandosi le mani alla testa e contorcendosi. Tutti i suoni della festa si erano interrotti. Si udivano solo le urla strazianti.
“Mi hai ingannato!!! Mi hai ingannato!!!” L’uomo aveva il respiro affannoso, gli occhi sbarrati, l’abito elegante era strappato, nessun segno della maschera.
“Mi hai ingannato!!! Io ho rispettato il patto, l’ho rispettato!!! Vattene!!! Vattene dalla mia testa!!” Si rannicchiò ancora di più e si strinse ancora più forte la testa con le mani.
Cadun tirò la sua compagna per un braccio. “Reyra, guarda!!”
Ma la paladina aveva già visto. Il corpo dell’uomo era completamente marchiato… dallo stesso marchio di Kentel. Reyra fece per andare a soccorrere il malcapitato, ma si fermò quando dai solchi del marchio avvampò il fuoco, che consumò l’uomo tra urla e atroci sofferenze.
Quello che restò alla fine di lui fu solo un mucchio di cenere… ed un cristallo scintillante.
“Che poveretto sfrotunato!” commentò Relance con dispiacere nella voce. “Gliel’avevo appena venduto quel cristallo!” Sbuffò. “Beh, da morto non se ne farà niente…” Si mosse per recuperare la sua merce, mentre Cadun si voltava verso Reyra.
“Dobbiamo sbrigarci a trovare Kentel!” disse con determinazione.
Da parte sua, l’elfa del sangue che stava ancora fissando scioccata il cumulo di cenere ed i granelli di quest’ultima innalzati dalla brezza della sera, si affidò alla speranza.
“Prego la Luce che Alucarynn abbia avuto più fortuna di noi.”
Illustrazione in evidenza di Isbjorg.