Una scintilla di luce, parte 11
Alucaryn si riparò gli occhi dalla luce del sole con una mano.
“Mamma mia, che caldo che fa oggi! Ma come fa questa gente a tenere quegli abiti così lunghi in queste giornate così?”
“Seguono solo le regole, Alucarynn. Se vuoi stare nel Kirin Tor, devi rispettarle”, le rispose Reyra.
La nobile oscura fece una smorfia. “Meno male che io non ci sto allora.”
Varcarono la soglia della taverna “Canti e Incanti” dove per quell’ora centrale della giornata era prevista l’esibizione de “Le Voci di Azeroth” e quindi del motivo per cui erano andate lì: Lady Jalhia.
“Mamma che casino…” si lamentò Alucarynn.
“E te ne sorprendi? La fama di Jalhia è rinomata… Se qualcuno non avesse perso tempo ad armeggiare con non so cosa per tutta la mattina, saremmo potute arrivare prima e magari risparmiarci tutta questa confusione. E ancora non mi hai detto cosa stavi combinando…”
“Ti ho detto che è un segreto! Poi te lo dirò…”
“I tuoi segreti mi preoccupano sempre, Alucarynn…” disse piano l’elfa del sangue. “Ma confido che tu ormai abbia messo quella pazza testa che ti ritrovi a posto.”
La nobile oscura le rispose con un sorriso rassicurante. All’interno della taverna gli inservienti non stavano un secondo fermi. Trotterellavano da un tavolo all’altro, facendo attenzione a non far cadere le ordinazioni dei clienti. Sembravano più dei circensi. In quel marasma, l’attenzione di Alucarynn fu attirata da un cliente in particolare.
“Reyra, guarda lì!” disse alla paladina toccandole la spalla e poi indicando un tavolo in fondo alla locanda. Vi sedeva un elfo del sangue solitario, vestito ordinariamente. Le due lo riconobbero immediatamente.
“Che ci fa lui qui?” chiese la nobile oscura.
“Ci controlla, probabilmente”, le rispose Reyra guardando il mercante di cristalli, Korax, che a sua volta si era accorto di loro e le aveva salutate chinando il capo. Un saluto al quale nessuno delle due elfe rispose.
“Sbrighiamoci e andiamo via”, tagliò corto la paladina. “Temo che oggi sarà una lunga giornata…”
Improvvisamente il chiasso costante della taverna cessò. Lady Jalhia fece il suo ingresso nell’ampia sala, scendendo le scale che conducevano al piano superiore accompagnata dal suo liuto.
Il bardo più celebre di Azeroth vestiva proprio nel modo in cui ci si poteva aspettare da un artista come quello. Un ambito semplice color violetto, composto da una blusa e dei calzoni che le arrivavano poco sotto il ginocchio. Lì iniziavano le calze bianche che le coprivano il resto delle gambe. In testa, un cappelluccio indossato di traverso, con una piuma bianca ad ornarlo. Jalhia era una giovane donna, molto snella, dai soffici e lunghi capelli del colore della notte. Una volta che completò la sua discesa, salutò i presenti, si sedette su una sedia posta di fronte all’intera sala e si sistemò il liuto sulle ginocchia.
Subìto iniziò a cantare, la sua voce dolce inondò le orecchie dei presenti con la storia del giovane Arthas, la stessa che aveva cantato a Xly. Alucarynn restò estasiata da quel canto, tanto che solo gli scroscianti applausi dei presenti a fine esibizione la fece ridestare la suo stato d’incanto.
“Ha una voce incredibile!” esclamò la nobile oscura mentre applaudiva anche lei.
“Senza dubbio”, confermò Reyra guardandosi intorno. Erano tutti estasiati, ma la paladina notò subito che Korax era sparito.
“Vieni, Alucarynn, proviamo ad avvicinarci. Parliamole.”
Proprio l’elfa del sangue fu la prima a provare un approccio.
“Salve, Lady Jalhia. I nostri più sinceri complimenti per la vostra esibizione, la vostra fama è più che meritata!”
Ma la donna non le rispose. I suoi occhi erano fissati sul liuto che stava accordando, e li rimasero. Reyra rivolse alla sua compagna uno sguardo interrogativo.
“Lady Jalhia?” provò di nuovo. Ma il risultato fu lo stesso. “Questa poi…” fece voltandosi verso Alucarynn, la quale però era pensierosa.
“Xly ci aveva avvertito che ha uno strano modo di comunicare e forse…” Si fermò, guardando la donna. “Forse ho capito, Reyra. Lasciami provare una cosa.”
La nobile oscura si schiarì un attimo la voce, poi si avvicinò e iniziò.
“Lady Jalhia, siam Reyra e Alucarynn, la nostra presenza vogliate perdonare, ma con voi desidereremmo per qualche minuto parlare.”
Reyra restò per qualche attimo interdetta. Alucarynn aveva deciso di parlare con Jalhia… cantando?
Ma la cosa più incredibile fu ciò che successe dopo.
La cantastorie alzò la testa e le guardò con aria sognante, mentre le sue dita danzavano sulle corde del liuto.
“Alucarynn la tua voce è davvero un vanto, come me parli come d’incanto.”
Reyra stentava a credere a quello che stava vedendo, ma incoraggiò sottovoce la compagna. “Continua, Alucarynn, continua!”
La nobile oscura parlò di nuovo con quello stesso tono della donna che faceva sembrare le frasi parte di un canto.
“Lady Jalhia, la vostra arte posso sol emulare, poiché la voce vostra è come udir sirene del mare. Ma vi prego, quest’altra elfa non affliggete, raccontatemi la storia di Xly, che voi ben conoscete.”
“La sincerità nel tuo cuor io sento, quindi lo farò, senza pentimento. Lascia allor che ti racconti la ballata di Xly, anima spezzata, e della sua amata Ulaër, l’elfa rianimata.”
Jalhia fece un sospiro, accarezzò le corde del suo liuto, ed iniziò.
“Nel giorno della luna nuova, tre volte colpì alla porta di Xly, le cui speranze sembravan perse. Le sue guance eran rigate, dal dolore sommerse.
‘Lady Jalhia’, mi accoglie ‘di una vostra canzone ho bisogno.’ ‘Per cosa’ io chiedo ma lui risponde solo ‘di questo cristallo io mi vergogno.’
Ulaër l’elfa si chiamava, cavaliere dalla fredda spada. L’amore li colse, mentre le lor armi la morte tenevan a bada.
Ma un dì, l’elfa diventò per Xly il passato. Lui tornò a casa, ma rimpiangendo di aver il suo tesoro abbandonato.
Io canto e il suo animo divien un po’ meno di metallo. Lui mi chiede cosa voglio ed io rispondo ‘danmi solo quel cristallo’.
Ma Xly dal ninnolo non si vuol separare. Io volevo solo il mio compenso, e lui mi accusa di rubare.”
Alucarynn guardò Reyra, che ricambiò lo sguardo.
“Quel cristallo è importante, un nostro amico rischia la vita ed essa è per noi più preziosa di un diamante. Lady Jalhia, al vostro cuor io mi appello, donateci la pietra preziosa come un anello.”
“Il cuor non dà da mangiare, Alucarynn, nobile strega. Se mi separo da questo cristallo la mia vita potrebbe prender una brutta piega.”
In quel momento anche a Reyra tornarono in mente le parole del tauren Xly. In passato Jalhia era stata una piratessa. Tirò fuori dalla bisaccia un borsello gonfio. Lo passò alla nobile oscura. “Prova con questo” le sussurrò.
Alucarynn mise davanti agli occhi di Jalhia il borsello.
“Allora vogliate accettar questa somma, cosicché la vostra tasca resti colma.”
La donna guardò quello che le veniva donato e poi lo soppesò in mano.
“Azeroth è un mondo spietato, ma voi non avete cercato sotterfugio.” Da un taschino estrasse ciò che Reyra ed Alucarynn stavano cercando. “A voi il cristallo io cedo, senza alcun indugio.”
E così dicendo pose il cristallo nelle mani della nobile oscura. Reyra l’abbracciò.
“Sei stata bravissima!”
Alucarynn le sorrise. “La mia passione per il canto si è rivelata utile!”
La paladina guardò la pietra scintillante di un colore azzurrino nelle mani della compagna.
“Ora troviamo quel maledetto mercante e glielo consegniamo”, disse poi risoluta.
“E non diciamo niente a Kentel?”
“Kentel vorrà uscirsene da questa storia tanto quanto noi. Andremo da lui insieme a Korax per rimuovere il marchio.”
Alucarynn esitò per qualche istante. “…e Xly?”
Reyra fece una lunga pausa. “Xly non ci riguarda.”
“Ma…”
“Niente ma! Andiamo.”
Cercarono a lungo, ed in ogni via di Dalaran per tutto il resto della giornata, ma Korax si era volatilizzato nel nulla.
Appena dopo il tramonto si ritrovarono di nuovo alla “Canti e Incanti“, stremate. Reyra in particolare sembrava esausta. C’era molta meno gente rispetto a qualche ora prima.
“Facciamo un pasto veloce e ci mettiamo in viaggio verso Xly?” chiese Alucarynn. “Come hai detto tu, prima ne usciamo da questa storia, meglio è.”
Reyra sbadigliò. “Sono stanchissima… Quasi quasi passerei qui la notte. E poi ti ho detto che dobbiamo consegnare il cristallo a Korax, non a Xly.”
“Ma potrebbe aver una possibilità di rivedere la donna che amava! Hai sentito la storia, no? Ne è uscito distrutto!”
“Ti ripeto che quella storia non è affar nostro, noi siamo qui per Kentel, non per Xly.” Reyra era esasperata. Sbuffò, allungò la mano e la mise sul tavolo, sopra quella della nobile oscura. “Ti prego Alucarynn, sono stanca…”
L’altra elfa le diede una lunga occhiata, poi si alzò e si diresse al bancone. Reyra la vide parlare con l’oste prima di tornare, prenderla per il braccio e farla alzare.
La paladina fu colta di sorpresa mentre la nobile oscura la trascinava verso le scale che salivano al piano superiore.
“Ehi, ma… dove andiamo?”
“Nella nostra stanza, a risposarci. A farmi un bagno e poi a fare l’amore con te.”
“Alucarynn…!”
La strega si voltò. I loro volti erano vicinissimi. “Questo almeno me lo devi concedere! Facciamo sempre quello che dici tu, siamo in questa storia da settimane…! Se ci prendiamo un po’ di tempo per noi non si offende nessuno. E anche se si offendano, fadano anche a farsi fottere.” La baciò. “Ho bisogno di te.”
Reyra era ancora un un po’ basita. “Ma così diretta…?”
Alucarynn rispose maliziosamente e allo stesso tempo con risolutezza. “Non ho voglia di giocare alla verginella… A meno che non me lo chieda tu.” Salirono le scale ed entrarono nella loro stanza.
Alucarynn chiuse la porta, mentre Reyra si stava già togliendo l’armatura.
“Che giornataccia”, disse con voce stanca armeggiando con lacci e giunture. “Sono così stanca…”
La nobile oscura la raggiunse piano, abbracciandola da dietro. “Ora finalmente possiamo riposarci”, la rassicurò dolcemente. Reyra piegò la testa di lato, verso la mano della strega, cercando il suo tocco. Sospirò, mentre le ombre prodotte dalla luce delle candele danzavano sui muri della stanza.
“Guarda in che situazione siamo finite… Non ce la faccio più, Alucarynn, sono stanca…”
Quest’ultima le schioccò un bacio sul collo, ridendo. “A me sembra così elettrizzante! Un po’ di movimento ci vuole, altrimenti sai che monotonia!”
Ma quelle parole non provocarono altro che rabbia nella paladina.
“Basta, Alucarynn!” gridò adirata divincolandosi dall’abbraccio e voltandosi per guardare in faccia la sua compagna. “Non hai ancora capito che non è più un gioco? A te quel Korax non fa paura? Come fai ad essere così… leggera! Potremmo morire anche domani, lo capisci o no?! Basta fare la mocciosa incosciente!!”
La giovane nobile oscura non si scompose, addolcendo ancora lo sguardo, facendo qualche passo verso Reyra, prendendo le sue mani nelle proprie, baciandole.
“Reyra”, iniziò. L’elfa del sangue si accorse che il tono giocoso era scomparso. La voce di Alucarynn era calma, tremolante come i suoi occhi argentati, calda come le sue mani. “Io ho forse più paura di te, mi rendo conto che abbiamo sottovalutato quel mercante, come dice di essere, ma… ora sono qui, insieme a te. Vorrei che scappassimo da tutto questo, andare lontano e dimenticarci tutto. Ma io non sono così, e nemmeno tu lo sei. Sappiamo entrambe che non lasceremmo mai gli altri al loro destino. Specie Kentel! Che si sente sempre un ‘faccio tutto io’ ma poi da solo non andrebbe da nessuna parte!”
Reyra abbozzò un sorriso a quelle parole.
“Reyra…” riprese poi Alucarynn prendendo tra le mani il viso della paladina. Quest’ultima sentì un calore rassicurante entrarle nel corpo. “Io ho solo te. E fin quando sarò con te, sarò sempre felice, qualsiasi cosa accada, in qualsiasi posto saremo e qualsiasi nemico affronteremo. Non mi interessa. Perché se tu sei con me…” si fermò un secondo, la voce della strega si incrinò. “…se tu sei con me non sono mai sola.”
“Alucarynn, io…” esordì Reyra, ma la nobile oscura la fermò mettendole un dito davanti al naso. “Sssh, dopo, ora stenditi sul letto e riposati.” Le diede un piccolo bacio. “Io vado a farmi un bel bagno.”
La paladina finì di togliersi l’armatura, restando con indosso una leggera veste color oro, appoggiò la spada e lo scudo vicino al letto e si sdraiò. Fece profondi respiri, chiudendo gli occhi, lasciando un po’ che la tensione attenuasse la sua presa su di lei. Poi si voltò alla sua destra, vedendo Alucarynn che, nuda, entrava nella tinozza fumante di acqua calda. Le candele tremolavano, il calore si era diffuso in tutta la camera. Gli occhi di Reyra restarono sulla nobile oscura per qualche secondo.
“Non allontanarti mai da me”, le disse rimanendo immobile. “Hai capito?” concluse poi mettendosi in ginocchio ai bordi del letto.
“Si, mamma” rispose giocosa la strega, guardandola e ridacchiando.
Quando i loro occhi si incrociarono nuovamente alla penombra della stanza, ognuna si sentì irresistibilmente attratta dall’altra. Né la paladina, né la strega sapevano se avrebbero rivisto un’altra notte, se sarebbero state nuovamente alla dolce luce di quelle candele, se la loro pelle avrebbe toccato nuovamente la morbidezza di un letto.
Reyra, sdraiata, osservò Alucarynn, coperta solo dal leggero tessuto che le stava asciugando la pelle dopo il bagno, dirigersi verso di lei. I suoi capelli violetti luccicavano alla luce delle candele, con le goccioline d’acqua che le cadevano dalle punte a sembrare perle argentee di rugiada, piccole stelle cadenti verso il pavimento. Anche i suoi occhi brillavano, quelli sì fatti davvero d’argento, mentre la guardavano. Ma non per la luce delle candele, ma perché stavano guardando proprio lei. Ma Reyra ormai lo sapeva. Gli occhi di Alucarynn brillavano ogni volta che la guardavano. E la cosa era reciproca.
Una volta arrivata ai bordi del talamo, senza dire una parola, la nobile oscura si lasciò cadere il tessuto che la cingeva. Alla vista di Reyra venne restituita un’immagine che da tempo non vedeva. Perché si, negli ultimi mesi aveva visto più volte la sua amata senza vestiti, ma in quel momento era diverso. Il corpo nudo di Alucarynn quella sera le fece accendere un fuoco dentro da tempo spento.
L’elfa del sangue sentiva il desiderio crescere in lei, crescere come una fiamma alimentata dal vento quando prese il volto della nobile oscura tra le mani, guardando quello scintillio dei suoi occhi, le sue labbra che si schiudevano nel più amorevole e accogliente dei sorrisi. Quella stessa fiamma che ormai non riusciva più a tenere dentro di sé, a cui si sentì obbligata a dare forma di parola, scegliendo la più naturale tra esse, non poteva essere che una. Una sola parola in cui riversò tutto il calore di quella fiamma e tutto il desiderio che essa le portava.
“Alucarynn…”
E Reyra capì subito che le stesse sensazioni le stava provando anche la nobile oscura, semplicemente dal modo in cui rispose a quel richiamo, che era più una supplica, un desiderio sottoforma di nome. Del suo nome.
“Amore mio”, le rispose in un sussurro.
Le labbra di Reyra sfiorarono quelle di Alucarynn. Prima quello superiore, poi quello inferiore. Infilò le dita tra la cascata violetta della nobile oscura, le toccò le lunghe orecchie, la guancia, il collo. Alucarynn le restituì il bacio, portando le sue mani sulla schiena di lei, percorrendola lievemente.
E a quel punto non fu proprio possibile per la paladina e la strega trattenere, domare quello che ormai era diventato un vero e proprio incendio. Così Reyra sentì divampare il fuoco mentre Alucarynn, con le sue abili dita, la spogliava baciandole il collo, togliendole avidamente la veste leggera color oro, fino a renderla nuda come era lei.
Si lasciò cadere sul letto, sentendosi la pelle bruciare mentre la nobile oscura si portava sopra di lei con movimenti felini, affondando la testa tra il suo petto e la sua spalla passandole una mano tra i capelli vermigli, mentre la sua lingua esplorava il suo corpo come non faceva da tempo, come se fosse la prima volta. Sussultò quando arrivò ai seni, che accolse poi tra le sue labbra come fonti del più dolce tra i nettari di Azeroth, sentendoli inturgidire quando premette le labbra su di essi. Ed in quel momento il suo respiro diventò affannoso, con il fumo del fuoco che le ardeva dentro che usciva dalla sua bocca.
Reyra udì indistintamente il vociare che proveniva da sotto, dalla sala grande della taverna. Una carezza di Alucarynn, il respiro delle due elfe lacerato dai loro sospiri, dall’impazienza. Il tocco delicato delle cosce slanciate della strega che la cinsero come la fibbia della sua armatura da paladina. I balenii sotto le sue palpebre, il viso lussurioso di Alucarynn. La sua lingua che giocava con il suo basso ventre, in una dolce tortura. Le loro mani che si intrecciarono e poi un gemito. Di lei? Della nobile oscura? La loro notte che si chiuse in quel mugolio, lasciando tutta Azeroth fuori, e solo loro due dentro.
Si ritrovarono sul letto, la testa di Alucarynn appoggiata su un seno di Reyra, entrambe noncuranti di essere nude.
“Sei ancora brava, eh!” disse la nobile oscura mentre guardava il viso della sua amata. Una risatina soffocata accompagnò la frase.
“Sempre meno di te, però!” disse con altrettanta gioia Reyra. Le diede un bacio sul capo.
“Sai, stavo pensando… appena questa storia finisce ci trasferiamo a Silvermoon?”
“Ti sei stancata di Suramar? O di Orgrimmar?”
“Mi manca la mia casa. Vorrei tornarci…”
“Per me va bene. Quel che importa per me è sempre e solo una cosa, stare con te. Possiamo andare dove vuoi. Sei la persona che amo, quella che mi fa più star bene…”
“E che più ti sopporta quando rompi le palle o fai la bambina!” concluse Reyra ridendo di gusto.
“Ehi, non fare la stronza!” rispose Alucarynn dando un colpetto sulla coscia dell’elfa del sangue fingendo offesa mentre Reyra continuava a ridere.
Quest’ultima poi si avvicinò a lei, sorridendo mentre le baciava nuovamente le labbra.
“Ora dormiamo, domani dobbiamo tornare da Kentel e metterci in marcia presto.”
“Aspetta!” disse però la nobile oscura con trepidazione. “Devo darti una cosa…” e detto questo, si alzò dal letto, dirigendosi poco distante, dove i suoi vestiti erano stati lasciati cadere. Frugò in una delle sue bisacce e da lì estrasse un qualcosa che Reyra non riuscì a distinguere. Alucarynn tornò a letto, lasciandosi cadere dolcemente mentre teneva qualcosa di piccolo tra pollice e indice.
“Ti ricordi che stamattina mi hai chiesto cosa stessi facendo? Ecco…” avvicinò quello che stava tenendo in mano. “Questo.”
Reyra si alzò, appoggiandosi su un gomito. Si trattava di una piccola spilla in argento a forma di gatto, con la coda alzata. La prese dalle dita della strega.
“E questa?”
“È un regalo”, rispose Alucarynn speranzosa. “Hai fatto così tanto per me, ed ho pensato di donarti qualcosa di materiale per ringraziarti e che… ti faccia pensare a me. Non ti piace?”
La paladina sorrise, mentre giocherellava con la spilla tra le dita. “Ma certo che si! Anche se…” Il suo tono si fece serio. La preoccupazione si mostrò sul volto di Alucarynn.
“Se…?”
“Beh, mi hai appena donato te stessa!”
Entrambe scoppiarono a ridere di gusto.
“Ora però dormiamo, va bene?” riprese Reyra dopo che le risa si esaurirono.
“Va bene” rispose Alucarynn accarezzandole i capelli. “Riposiamo adesso.”
Ma quella notte stessa, la nobile oscura si alzò, e si vestì. Si avvicinò al cristallo azzurrino che Reyra aveva risposto su una mensola e lo guardò. Ripensò alle parole che la sua compagna le aveva detto quel giorno.
“Confido che tu abbia messo la testa a posto.”
Afferrò il cristallo e se lo mise in tasca per poi scendere al piano di sotto e uscire dalla locanda facendo il meno rumore possibile.
Si incamminò, decisa a riportare il cristallo a Xly. Aveva il diritto di rimediare ai suoi errori. Era più forte di lei, doveva dargli una possibilità. Reyra avrebbe capito.
Le strade di Dalaran erano deserte, le luci illuminavano le case, tutte le botteghe erano chiuse. Svoltò a sinistra, poi a destra, poi… una voce la fermò.
“Dove vai?”
Doveva aspettarselo.
“A dare la possibilità ad una persona di rimediare ai propri errori. Non è giusto che debba vivere per sempre con questo rimorso quando potrebbe avere almeno un’occasione di redenzione.”
Ma l’altra persona fece un appunto a quella appassionata intenzione.
“Quel cristallo è mio, Alucarynn. Lo hai dimenticato? Vuoi rubare a me?”
“E chi se ne frega! Sono pronta a combatterti, anche adesso! Io non ho paura di te, Korax!”
“Combattermi…” ripetè il mercante di cristalli divertito. “Come se io avessi bisogno di combattere una piccola nobile oscura…”
Schioccò le dita e l’elfa se lo ritrovò davanti a sé, come se si fosse teletrasportato.
“Alle rovine di Riva del Sud ti avevo avvertito, Alucarynn”, disse l’elfo del sangue in tono freddo e malvagio, fintamente dispiaciuto. “Mi dispiace…”
Korax allungò la mano verso il suo volto e Alucarynn cadde, cadde in un abisso senza fine.