“Varian!”
Un’altra voce, questa volta femminile, si rivolse al gladiatore davanti ad Æthelweard, chiamandolo addirittura con il nome del Re. La voce apparteneva ad un’elfa, spuntata fuori proprio come aveva fatto l’uomo qualche istante prima. Æthel vide una figura alta e slanciata, un fisico atletico simile a quello di Rhenya. Aveva dei lunghi capelli biondi, legati in una sorta di coda nella parte superiore. Indossava abiti rossi, da combattente, non certo da lady.
‘Rhenya andrebbe d’accordo con una così…’ pensò il paladino. Anche gli stivali dell’elfa erano rossi. I suoi occhi verdi restituivano uno sguardo bellissimo ed allo stesso tempo inquietante.
“Varian, Broll, state bene?”, proseguì l’elfa. Gli altri due la rassicurarono. Fu l’elfo della notte a risponderle. Aveva ancora un po’ di affanno nella voce.
“Si, Valeera, tutto ok. Ci ha pensato Lo’gosh…. o ci avrebbero pensato loro.”
Broll spostò lo sguardo su Æthelweard, Rhenya e Torrhen, e così fecero i suoi compagni. A parlare fu l’uomo.
“Chi siete voi altri?”
Æthelweard ebbe un momento di smarrimento. Si sentiva quasi in soggezione davanti a quello che poteva essere il suo Re.
“Sono Ser Æthelweard, paladino del Silver Hand”, riuscì a dire alla fine. “Lei è Rhenya Blackfyre di Quel’thalas, e lui è Torrhen, anche lui del reame elfico.”
L’elfa che era con il druido ed il gladiatore sembrò interessata a quelle notizie. “Siete elfi del sangue?” Chiese mentre stava pericolosamente giocherellando con un pugnale.
Rhenya approcciò una risposta. “Si, il nostro popolo ora si chiama così, ma…” Non fece in tempo a finire la frase che l’umano fece morire quella discussione.
“Chi se ne importa da dove vengono, Valeera!” disse stizzito mentre si avvicinava ad Æthelweard. “Tu! Hai detto di essere un paladino del Silver Hand, giusto?” La sua mano calo sulla spalla di Æthel, ed il paladino sentì su di sé una forte stretta. Ora che lo vedeva più da vicino, Lo’gosh sembrava davvero Varian Wrynn in volto. I capelli e gli occhi neri erano gli stessi che si diceva avesse il Re di Stormwind. Perché lui, sfortunatamente, non lo aveva mai incontrato. Il caldo e forse anche la lotta precedente aveva bagnato la bandana che teneva alla fronte. Æthelweard notò anche che le vesti di Lo’gosh erano tutte impolverate.
“Io sono Varian Wrynn, il tuo Re. Aiutami a riprende il mio trono e salvare mio figlio.”
Æthelweard era più confuso che mai. “T-tu sei Varian? Il… Re…?”
Ci pensò un attimo dopo. ‘Ho dato del tu al Re di Stormwind?’
Valeera si fece avanti, intenta ad osservare Torrhen, il quale non batté ciglio. Iniziò a girargli intorno. Poi si spostò su Rhenya.
“Si, lui è Varian Wrynn.”
“E chi c’è allora sul trono adesso? È davvero un impostore?” chiese Rhenya dando voce anche alla domanda che si pose Æthel.
Valeera fece un rapido movimento verso di lei. Con un dito le alzò il mento e portò il volto vicinissimo a quello dell’altra elfa. “Hai un bel faccino, sai?”
Intanto anche l’elfo della notte chiamato Broll si fece avanti. Si era ormai completamente ripreso. “Anche lui è Varian Wrynn”, disse con voce calma e profonda.
Æthelweard scattò. “Ci prendete forse in giro?! Vorreste farci credere che ci sono due Varian Wrynn?!”
In quel momento parve fare ancora più caldo, anche se il sole era ormai al tramonto.
“Esattamente!” Valeera tornò trotterellando dai suoi compagni. “È tutta opera di quella puttana di Katrana Prestor… Ha diviso la personalità di Varian in due, in modo da tenersi la parte più imbranata e muoverla come un pupazzo”, si voltò e si rivolse al presunto Re. “Senza offesa, Maestà!” concluse infine con tono canzonatorio.
“Ma quale strega può fare una simile cosa!?” Æthelweard aveva visto cadaveri tornare a muoversi, orchi, ma mai gli era capitato di una personalità sdoppiata in due individui separati. “Com’è successo tut…”
Ma Lo’gosh aveva perso la pazienza. Afferrò Æthelweard per il farsetto e lo strattonò. “Ascolta, ragazzo, io non ho tempo da perdere!!” Era furioso, i suoi occhi tremavano dall’impazienza. “Mio figlio ha bisogno di me, il mio regno ha bisogno di me! Non ho intenzione di stare qui a raccontare storie, mentre una puttanella gioca a fare la regina!”
La situazione si scaldò rapidamente. Un secondo dopo che Lo’gosh aveva afferrato Æthelweard, il presunto Re si trovò la punta di una freccia ad un palmo dal viso. Rhenya aveva incoccato con la solita sorprendente velocità. “Non mi interessa chi tu sia, lascialo”, disse senza levare lo sguardo da quello dell’umano. A quella vista anche Valeera aveva messo mano ai pugnali, mentre Broll scuoteva la testa.
Il presunto Varian fissò per un istante l’arciera che gli aveva fatto quell’intimidazione. Æthelweard capì che non aveva minimamente paura. Lasciò la presa, spingendo indietro Æthelweard, il quale cadde rumorosamente a terra.
“Valeera, Broll, andiamo via.” La sua voce era tornata calma. “Non voglio con me dei ragazzi confusi.”
L’elfo della notte seguì Lo’gosh sconsolato, mentre Valeera fece spallucce rivolta ai tre compagni. Poi si avvicinò nuovamente a Rhenya. Sussurrò qualcosa all’orecchio dell’altra elfa mentre sorrideva, poi le diede una pacca sul sedere.
“Valeera!” la richiamò la voce di Lo’gosh. L’elfa vestita di rosso si voltò e corse verso i suoi compagni.
Rhenya tese la mano ad Æthelweard. “Non proprio il Re che ti aspettavi di incontrare, eh?”
Æthel scosse la testa per riprendersi. Afferrò la mano dell’arciera e si alzò. Non rispose alla domanda, ma invece guardò Torrhen. Per tutto quel tempo il reduce di guerra non aveva proferito parola. Æthel si mosse nervoso verso di lui. “Si può sapere perché non hai detto una parola?! Avevi detto di essere a conoscenza della situazione di Stormwind! Qui si presenta uno che dice di essere Varian e tu non dici niente!? Che ti abbiamo portato a fare allora?!”
Il paladino si sentiva furioso. Era successa una cosa che non si aspettava minimamente. Come comportarsi se davanti a lui si fosse presentato uno dei tre Re di Stormwind? A chi credere? Per chi schierarsi? Si era detto che lui era fedele all’Alleanza, ma soprattutto alla Luce.
‘Perché Lei guarda il cuore, e non gli schieramenti…’ In quel momento si accorse che gli stava di nuovo facendo male la testa. Torrhen non si scompose minimamente. Come sempre ormai, passò qualche istante a fissare con il suo occhio dorato il suo interlocutore, poi rispose con la voce più calma del mondo.
“Ti ho già detto che la situazione del Re è complicata.”
“Ma quello era davvero Varian Wrynn?! Quello che ha detto la ragazza è vero? Parla chiaramente per una volta!!” L’irritazione di Æthelweard era tutt’altro che passata.
Seguì qualche attimo di silenzio. Un alito di vento smosse delle palme che giganteggiavano sopra di loro. Il paladino credette di aver visto Torrhen muovere la mano come se stesse impugnando un’arma. Poi, il reduce annuì.
“Si, quello che era Varian, e quello che ha detto quella ragazza è vero. Ci sono due Varian Wrynn ed è opera di Katrana Prestor.”
“E perché non l’hai detto poco fa? Ci saremmo risparmiati questa scena e non ci avrebbero presi per codardi!” intervenne Rhenya.
Torrhen spostò il suo sguardo su di lei. “Perché Lo’gosh è la parte più impetuosa ed istintiva di Varian. La sua strada non è quella di Æthelweard. Vi spiegherò tutto appena ci saremo sistemati per stanotte.”
“Ma è il mio Re! Dovrei aiutarlo e raggiungerlo!” esclamò Æthelweard.
“Puoi farlo, ma gli saresti solo d’intralcio”, lo riprese Torrhen. “Asoltami, Æthelweard. La nostra strada è un’altra.”
“Allora stanotte ci dirai tutto quello che sai, senza enigmi. Io non sono paziente quanto Æthel.” Lo avvertì Rhenya. Torrhen annuì.
“Cerchiamo un posto per accamparci?” chiese poi l’elfa al paladino. Æthelweard si portò la mano alla fronte. “Non ho nessuna intenzione di passare un secondo di più in questo posto dimenticato dalla Luce. Andremo a Guardiacolle, e ci riposeremo lì, e poi dritti a Stormwind.”
Rhenya sbuffò. “In quel villaggio di campagnoli? Ma si trova nelle Westland, arriveremo a notte inoltrata!”
Æthelweard si mosse in avanti, e non si voltò indietro. “Vuol dire che dormiremo meno.”
Ben presto l’oscurità calò sulla Valle di Rovotorto. Æthel, Rhenya e Torrhen avanzarono tenendo in mano una torcia ciascuno. Se possibile, in quella giungla la notte era ancora più pericolosa del giorno. Rumori e versi sinistri diventarono man mano sempre insistenti.
‘Odio questo posto’, pensò per l’ennesima volta il paladino. Ringraziò la Luce per aver pensato di indossare la sua nuova armatura. Questa rappresentava ben più di quella vecchia il suo status da paladino del Silver Hand. Era imponente, raffigurante il leone di Stormwind negli enormi spallaci ed anche nella cintura. Ovviamente, aveva con sé anche una nuova arma, un colossale spadone da impugnare a due mani era sistemato sulla schiena. L’altra spada invece, la consegnò a Rhenya, la quale se la mise alla cintola, mentre attaccato alla coscia destra dell’elfa vi era un pugnale.
‘Se non avessi questa addosso, questi maledetti insetti mi mangerebbero vivo…’
“Dobbiamo decidere cosa fare una volta arrivati a Stormwind”, disse cautamente Rhenya. Era meglio parlare piano in posto come quello. “Se fossimo obbligati a schierarci? Dalla parte di chi dovremmo stare?”
“Affronteremo questo argomento a Guardiacolle, quando finalmente Torrhen ci dirà tutto”, rispose Æthelweard con lo stesso tono di voce dell’arciera. “Come si può scegliere tra due Re che sono la stessa persona?”
Dietro di loro, Torrhen l’Ombra calpestò una foglia, e quel piccolo rumore bastò a fare scattare Æthelweard e Rhenya, che si voltarono immediatamente verso di lui, le mani già pronte sulle loro armi.
“Scusate”, disse il veterano con quella sua voce ovattata che ad Æthel sembrava sempre priva di emozioni. “Non l’avevo vista.”
Il paladino si rilassò. Ma divenne ancora più inquieto. “Acceleriamo il passo”, disse tornando a battere strada al trio.
Raggiunsero il ponte che collegava la Valle di Rovotorto alle Westfall circa un’ora dopo. Le stelle si erano alzate sul cielo di Azeroth e le due lune si specchiavano nel Grande Mare.
‘Sarebbe un panorama bellissimo se solo questo martoriato mondo non fosse in continua lotta’, pensò Æthelweard mentre guardava in lontananza la Baia del Bottino illuminata dalle sue lanterne e dalla luce lunare. ‘Non morti, creature di altri mondi, intrighi politici, lotte intestine… Quando ne usciremo da tutto questo?’ Sapeva bene che nessuno aveva una risposta a quella domanda, ma non riusciva a non chiedersi quando un barlume di pace sarebbe tornato su Azeroth.
“Probabilmente mai” gli aveva risposto una volta Rhenya. “Dovresti saperlo, amore mio, è molto probabile che noi non vedremo mai la pace. E forse non la vedranno nemmeno quelli che verranno dopo.” Forse l’arciera aveva ragione, ma in cuor suo Æthel sperava davvero di rivivere quei giorni passati ad Hearthglen, insieme a Thomas, quei giorni che ormai gli sembravano così lontani…
Attraversato il ponte, il paladino si sentì subito più sollevato. Essersi lasciato la Valle di Rovotorto alle spalle gli sembrò come togliersi un peso dallo stomaco.
“Non ci fermiamo”, disse rivolto agli altri due. “Manca poco ormai a Guardiacolle.”
Avanzarono, addentrandosi in quelle campagne così tranquille e silenziose.. ed ingannevoli. Ombre si mossero veloci alle spalle del trio, cercando di prenderlo di sorpresa. Rhenya si mosse prima degli altri, estraendo il pugnale e ferendo al volto l’uomo che aveva tentato di attaccarla. Un altro stava invece attaccando Torrhen, il quale però non si mosse con la stessa velocità della sua conterranea.
“Attento, Torrhen!” gridò Æthelweard, precipitandosi in aiuto del veterano. Con una forte spallata, aiutato anche dall’armatura che indossava, riuscì ad allontanare l’aggressore, mentre Torrhen cadde sul posto, sbilanciato dall’attacco subito. Agitando la torcia che aveva in mano, Æthel fece luce sugli aggressori. Erano in tre, due più presentati fisicamente del terzo. Erano tutti e tre incappucciati, ma il resto del loro vestiario faceva ben comprendere per chi combattessero. Indossavano stivali di cuoio, così come le brache. Nella parte superiore Æthelweard vide cotte di maglia coprire una sorta di farsetto completamento bianco, se non fosse per una L stilizzata di colore rosso all’altezza del cuore.
‘Lo Scudo Rosso…’
E proprio quando la Crociata Scarlatta tornava nei suoi pensieri, un sibilo passò vicino alle sue orecchie. Un attimo dopo, due frecce erano conficcate nella gola dei due uomini in piedi davanti a loro. Rhenya incoccò la terza per colpire l’uomo a terra, quello sbalzato dalla spallata di Æthelweard, che sembrava più giovane degli altri due.
“Ferma!!” le intimò però il paladino, accompagnando quell’esclamazione con un gesto della mano. “Aspetta, Rhenya!!”
L’elfa restò pronta a scoccare ma si fermò. Intanto, Torrhen si era rimesso in piedi. Æthelweard si abbassò sulle ginocchia e scostò il cappuccio dal volto dell’aggressore del veterano. Quello che si trovò davanti era un viso molto giovane, senza rughe o cicatrici, con capelli neri come la notte e due occhi verdi come il mare d’estate.
‘È solo un ragazzino’ pensò rammaricato Æthelweard. ‘Non può avere più di 17-18 anni…’
“Oggi ti è andata, male ragazzò’ iniziò rivolgendosi a lui. Non sapeva nemmeno lui perché l’aveva chiamato in quel modo, lo stesso che aveva usato il capitano della Torre del Mare con lui, gli era venuto naturale. Poi si voltò verso i due uomini colpiti dalle frecce di Rhenya. “Ma c’è a chi è andata peggio.” Gli tese la mano, ma il ragazzo ci sputò sopra, restituendogli uno sguardo disgustato e pieno d’odio. Æthelweard si alzò.
‘Lo hanno indottrinato bene’, pensò. E con quel pensiero, ne venne un altro. ‘Anche Alys gli avrebbe inculcato questo modo di pensare?’
“Chi ti manda, ragazzo, Renault?”
“Renault è morto. L’ha ucciso suo fratello dicono, un bastardo traditore come te… Ma potete ammazzare chi volete, lui, l’Alta Inquisitrice, ma non vi libererete mai della Crociata!! Noi combatteremo sempre per Lordaeron!”
‘Per Lordaeron…’
Æthelweard si abbassò di nuovo e strappò un lembo del farsetto del giovane. “Puoi abbassare quell’arco, Rhenya”, disse all’elfa senza voltarsi. Nel frattempo, stava legando le mani al ragazzo.
“Cosa vuoi fare?” chiese stranita Rhenya. Æthelweard intanto si era alzato e portava il giovane dello Scudo Rosso davanti a se, tirandolo piano dalle mani legate.
“Lo consegniamo alla giustizia una volta arrivati a Guardiacolle.”
La risposta di Rhenya fu quantomeno sorpresa. “Non vuoi ucciderlo?”
“Sono un paladino, Rhenya. Non voglio uccidere altri uomini in questa lotta senza senso.”
Arrivati al villaggio di Guardiacolle, addirittura più piccolo di quello che Æthelweard ricordava, consegnarono il ragazzo ai soldati dell’Alleanza lì presenti, poi si diressero alla locanda.
Quella di Guardiacolle era una taverna davvero piccola. E non c’era certo da sorprendersi, quello era davvero un villaggio minuscolo, ed in più era notte fonda. A parte la locandiera, una donna di mezza età dalle vesti opache e semplici, e una ragazzina con un grembiule ben più grande per una della sua statura, la sala era deserta. La piccola si affrettò ad accoglierli.
“Benvenuti al Leone Addormentato!” disse sfoggiando il miglior sorriso di cui era capace. “Prego, abbiamo un tavolo tutto per voi e delle ottime pannocchie arrostite e bagnate con il miele!”
Rhenya si abbassò sulle gambe. “Grazie, ragazzina. Sei davvero gentile! Tieni”, fece per posare qualcosa sul palmo della piccola. “Questo è per la tua accoglienza!” concluse poi sorridendo. Sulla mano della giovane cadde una scintillante moneta d’argento. I suoi occhi si illuminarono.
“Grazie, mia signora! Accomodatevi, vi porto subito le pannocchie e la nostra speciale birra!”
I tre decisero di sedersi al tavolo vicino al camino, che era il più lontano dal bancone. Æthelweard non aveva più proferito parola dopo l’incontro con i tre uomini della Crociata Scarlatta. Si sentiva turbato e, anche se sperava che ciò non trasparssie, quando incrociò lo sguardo con Rhenya, notò una sorta di preoccupazione sul suo volto.
‘Se la conosco, se ne è accorta…’
“Allora, Torrhen. Adesso che siamo qui, vuoi dirci cos’hai in testa di fare? Perché non hai lasciato che seguissi Lo’gosh, se lui è Varian, come dici? E cos’è questa storia delle due personalità?” I tre parlavano a bassa voce. Era meglio non sbandierare certi argomenti ai quattro venti.
Il veterano, impassibile come sempre, appoggiò le braccia bendate sul tavolo. Il fuoco del camino illuminava il suo cappuccio, e dava una luce sinistra al suo occhio dorato.
“Varian combatte un nemico che nemmeno immaginate. Lui ne uscirà vincitore, di questo ne sono sicuro, ma dobbiamo preoccuparci di andare direttamente dall’altro Varian, quello seduto sul trono. È lui quello più in pericolo.”
“Lady Prestor è così pericolosa? Ricordo di averla incontrata anni fa alla tenuta del Barone Rivendere. Una donna sicuramente con fascino, e con ambizione, ma non mi sembrò una incantatrice così potente…”, disse Æthelweard.
Il paladino non lo vedeva, ma era sicuro che Torrhen l’Ombra stesse sorridendo in quel momento. “Perché Lady Prestor non è una lady. Non è nemmeno un’umana.”
Æthelweard e Rhenya si scambiarono un’occhiata.
“Katrana Prestor è un drago.”
Æthelweard sentì il mal di testa riacutizzarsi.
“Ma è assurdo!” Esclamò Rhenya. La sua espressione era incredula. “Un drago? E che vorrebbe un drago da Stormwind?”
Torrhen, fissò l’elfa con il suo occhio dorato. Esso brillò di nuovo alle fiamme del camino.
“Distruggerla, insieme a tutta l’Alleanza, se quel drago è la figlia di Deathwing.”
‘Sembra un incubo…’ pensò Æthelweard mentre si passava la mano sulla fronte.
“Come sai tutto questo? Ti rendi conto di cosa ci stai dicendo?” chiese.
“E tu ora ti rendi conto del perché non ti ho fatto seguire Lo’gosh?” chiese di rimando Torrhen. “Lui accompagnato dai quei due elfi se la caverà sicuramente, ma l’altro Varian chi ha a proteggerlo?”
“C’è Lord Bolvar…”
“Lord Bolvar è un uomo solo, coraggioso per quanto sia. E Onyxia è la figlia dell’Aspetto della Morte. È per questo che ha separato la parte combattiva di Varian e creato Lo’gosh, per avere facilitato il compito.”
“Non hai risposto alla prima domanda, però. Come sai tutto questo?”
Intanto, la piccola inserviente della locanda tornò con le pannocchie e la birra.
“Ecco qua, miei signori! Volete anche pernottare qui? Abbiamo delle comodissime stanze!”
“Si, ne prendiamo due”, rispose Æthelweard mentre addentava una pannocchia bagnata dal dolce miele.
“Faccio preparare subito!” rispose la ragazzina prima di correre via.
Seguì qualche attimo di silenzio. Ovviamente, Torrhen non toccò nulla.
“Non mangi, Torrhen?” chiese Rhenya. “Ora che ci penso non ti ho mai visto mangiare, né bere…”
Il veterano rispose calmo. “Gli esperimenti del Flagello mi hanno fatto perdere la fame e la sete, Rhenya. In questo sono uguale ai non morti…”
“Non so se sia una fortuna o una sfortuna” commentò l’elfa.
“Una fortuna è sicuramente il fatto che, grazie a quegli esperimenti, ora so in qualche modo riconoscere la lingua draconica.” Si voltò a guardare Æthel. “Questo per rispondere alla tua domanda, ser. Alcune guardie di Stormwind sono in realtà dragonidi, uomini di Onyxia infiltrati. Ne ho sentite parlare alcune tra di loro durante il mio soggiorno in città. Sia Varian che Anduin sono in serio pericolo. Ed è per questo che noi dobbiamo puntare dritti alla sala del trono. Insieme a tutti gli altri possiamo avere più possibilità.”
Æthelweard finì la sua pannocchia, poi si scolò interamente il boccale di birra. “Quello che affermi, Torrhen, è al limite dell’incredibile… Ma una cosa gioca a tuo favore. Io sono sicuro di aver visto in quel Lo’gosh Re Varian. Ed inoltre, Lady Prestor aveva preso contatti con Rivendare… E sappiamo tutti a cosa ha portato questo. Si alzò dal tavolo.
“Voglio fidarmi di te. Andremo a Stormwind e porremo fine a questa assurda storia. Ora però andiamo a riposarci. Abbiamo solo poche ore, all’alba dovremo già essere in marcia.”
La piccola inserviente li portò così al piano superiore, dove mostrò loro le stanze che erano state preparate per quel breve riposo. In una avrebbe dormito Torrhen l’Ombra, nell’altra, Æthelweard e Rhenya.
La stanza del paladino e dell’arciera non era particolarmente grande. Due letti, un armadio, una finestra, un pitale. Tutto in legno. Non c’era nemmeno un piccolo camino.
“Avete bisogno d’altro, miei signori?” chiese la ragazzina sull’uscio della porta.
“No, graz…”
Æthel sentì la voce di Rhenya dietro di lui.
“Dovremmo darci una ripulita…”
“Porta due tinozze d’acqua calda”, disse infine il paladino.
La piccola sembrò costernata. “Mi dispiace, milord, ma ne abbiamo solo una….”
Æthelweard si voltò verso Rhenya. Quest’ultima espresse la sua opinione con un’alzata di spalle.
“Andrà bene anche una.” La piccola inserviente corse giù per la scale, ed Æthelweard chiuse la porta della stanza. Si appoggiò su quella porta. Si sentiva stanco, il mal di testa non passava.
“Ora puoi dirmi cosa ti preoccupa”, gli disse Rhenya, che nel frattempo si era appoggiata con le braccia sul bordo della finestra, dando le spalle all’esterno.
“Non ti sfugge niente, eh?” disse con tono stanco Æthelweard mentre stava iniziando a togliersi l’armatura.
“Ormai mi conosci…”, rispose Rhenya. “E soprattutto io conosco te.”
Il paladino sospirò. “Vedere quel ragazzo, quello della Crociata, mi ha turbato. Sono passati anni e siamo ancora allo stesso punto. Cosa succederebbe se morissi anch’io? Tu cosa faresti?”
L’elfa rise. “Morirei con te. Siamo sempre insieme, se uccidono te, è probabile che faranno lo stesso con me.”
“E se così non fosse?”
“Ma certo che sarà così! Cosa vuoi che ci divida?”
“Promettimi che seguirai sempre il sentiero della giustizia, Rhenya.”
L’elfa si scostò dalla finestra, facendo un passo verso il paladino.
“Æthelweard, ma cosa dici? Non succederà mai che..”
“Non lo puoi sapere, Rhenya! Promettimelo!” Æthelweard disse quella frase con un tono più alto di quello che voleva.
Seguì un attimo di silenzio.
“Te lo prometto.” Rispose infine l’arciera con tono calmo.
Di nuovo silenzio, che stavolta fu rotto dal bussare alla porta. La ragazzina era arrivata con la tinozza d’acqua calda. Era visibilmente stanca. Æthelweard insistette affinché lasciasse la tinozza sull’uscio, e poi la congedò.
Una volta portata quest’ultima dentro la stanza, lui e Rhenya si spogliarono ed entrarono nella tinozza. Ognuno appoggiato sul lato opposto all’altro.
“Cosa ti ha detto quell’elfa che era con Lo’gosh prima di andarsene?” Chiese Æthel mentre si puliva le braccia dalla polvere. Rhenya stava facendo lo stesso con il suo collo.
“Che sono un bel tipino” rispose divertita.
Il paladino ridacchiò. “Ha ragione!”
Gettò la testa fuori dalla tinozza, cercando di rilassarsi. L’acqua era davvero calda.
“Hai sentito al porto di Boralus come parlavano di Varian? È davvero un Re molto amato. La gente non avrebbe scatenato quest’assurda disputa se sapessero cosa c’è davvero dietro…” disse Rhenya.
Æthelweard sospirò di nuovo. “Io da chi sono amato, Rhenya?”
“Da tutti.”
Il paladino guardò la compagna con aria interrogativa. L’elfa gli sorrise, poi si avvicinò a lui, salendo a cavalcioni sulle sue gambe. Gli accarezzò la barba bagnata.
“Il popolo ti ama. L’Alleanza ti ama… Tutti coloro che hai aiutato ti amano.. non hai sentito il capitano della Torre del Mare? E io ti amo…”
Æthelweard guardò il viso di Rhenya, invaso dalle gocce d’acqua. Era così bella… Le scostò i capelli dal volto e le accarezzò il viso.
“Questo è l’unico amore che mi interessa…”
I due si baciarono. Fu un bacio lento, con Æthelweard che abbracciò e strinse a sé Rhenya.
“Andiamo a dormire, tra poco dovremo partire.”
I due unirono i letti e si coricarono. Æthelweard cadde nel sonno praticamente subìto. Era esausto, come sempre più spesso ormai gli capitava….
Il tempo si dilatò, diventò lentissimo, ed Æthel si ritrovò di nuovo in quel posto. Il trono era sempre lassù, sospeso in aria, con il suo occupante addormentato. Quella sorta di quadri, dove avrebbero dovute esserci le pareti di quella stanza, continuavano a muoversi incessantemente su e giù, a destra e a sinistra senza sosta. Æthelweard si avvicinò ad essi. Doveva vederli. Cosa erano? Fece un passo, poi un altro. Ognuno di essi rimbombava in quella stanza silenziosa…. Arrivò vicino agli strani quadri e cercò di osservarli. Si sforzò ma… nonostante fosse così vicino le figure rimanevano sbiadite. Si concentrò su uno.
Due figure erano vicine ad un fiume. Entrambe avevano degli zaini in spalla. Ma chi erano? Dov’erano? Non riusciva a distinguere i volti…
Passò ad un altro. Qui c’era una figura dentro una gabbia. Un’altra figura, che sembrava dalle sembianze animali era vicino a lei ed una terza si vedeva in lontananza, più possente. Ma era strana, aveva qualcosa sul volto.
‘Sono…tentacoli….?’
Cercò di guardare altri quadri ma non ci riuscì. La testa gli stava scoppiando. Distolse lo sguardo e la sua attenzione fu catturato da una finestra aperta. Avrebbe giurato che prima non ci fosse stata.
Si avvicinò con cautela per guardare… Æthelweard vide un paesaggio desolato. Il sole era scomparso dal cielo, e un grigiore innaturale avvolgeva tutto.
‘Ma dove mi trovo? Questo non può essere Azeroth…’
Un fischio fortissimo sembrò sfondargli i timpani. Æthelweard si inginocchiò, e si portò le mani alla testa, pregando che quel dolore finisse. Era lancinante.
Poi, sussurri invasero la sua mente. Una voce. Una sola. Sembrava venire da sopra, da sotto, da accanto a lui, da dietro di lui..
Un sussurro. Un nome, chiaro, puntuale come i rintocchi di un orologio.
“Zihark…Zihark…Zihark…”
Illustrazione in evidenza di atomiiii.