L’autunno più bello che abbia mai visto.
E io vengo da Kul Tiras. Le montagne di Tiragarde, quando giunge la stagione fredda, si tingono di mille sfumature di marrone, arancio, terra. Tornare al porto e vedere da lontano i cancelli di Boralus, con la neve candida sui picchi alle spalle, e gli stendardi con lo stemma dei Proudmoore sventolare al vento mentre un corno d’argento risuona nel chiaro mattino… Sono sensazioni che non si possono raccontare. E io non sono un letterato, uno che magari saprebbe farlo bene. Sono solo un guerriero vecchio e stanco. Ma amavo la brezza marina, l’odore di salsedine nelle narici che s’impigliava nella barba assieme a quello dei pini delle colline. La amavo, prima che la morte si portasse via tutto.
Selvarden, non so se per sua natura o per mia suggestione, ha esattamente quell’odore lì. Ma i colori… I colori sono qualcosa di incredibile. La natura si è amalgamata con la tavolozza di un pittore e ha restituito il paesaggio di questo reame pennellata su pennellata. Da lontano, quando sei sul ponte della nave, anche l’orizzonte di Kul Tiras sembra dipinto, ma non con colori così vividi. Non con questa intensità. E non è l’unica caratteristica di questi luoghi. I contorni delle cose sono come… Sfocati. Indistinti. Come se fosse tutto immerso in una perenne foschia. Sembra la leggera nebbiolina che sale dal mare la sera.
Ma il clima non è freddo. O meglio: la temperatura non lo è. Questo vapore che permea ogni cosa è, a modo suo… Inquietante. Distaccato. Selvarden è un mondo nel pieno dell’autunno, ma non è caldo e accogliente. La sensazione che provo, questa… Malinconia… Sembra l’essenza stessa di questa terra. Come se essa si nutrisse dei dolori delle anime che la percorrono, cercando al tempo stesso di portar loro sollievo e di impedire che li dimentichino.
Gli abitanti di questa terra hanno una passione per gli scherzi, la musica, le danze e le risate. Ma questa vena, diciamo, ‘artistica’ a me sembra una facciata che nasconde una realtà molto più tragica.