“Ancora quel sogno…” Æthelweard si svegliò di soprassalto. E non per il vento che sbatteva le finestre della sua stanza al secondo piano della locanda di Boralus. Da un po’ di notti ormai, un sogno stranissimo gli si ripresentava ogni notte. Si trovava in una sala enorme, la più grande che Æthel avesse mai visto, una stanza stranamente vuota…tranne che per due particolari. Due grandi colonne di quelli che gli sembravano quadri, in continuo movimento, ai lati della stanza ed un uomo seduto su un trono sospeso in aria, al centro della stanza, che sembrava essere addormentato.
‘Ma cosa vuol dire?’
“Æthel, che succede?” Anche Rhenya si era svegliata accanto a lui. “Ancora quel sogno?” Il paladino annui.
“Non capisco, Rhenya. Cerco di guardare quei quadri, ma non riesco a distinguerne le figure. Sono sicuro che sono tre soggetti, ma non riesco a capire chi siano. Quelle figure sono così sbiadite… e tutto quel movimento…! Mi fa male la testa..”
L’elfa gli poggiò una mano sul petto. “È da quando siamo arrivati qui a Kul Tiras che hai questi strani sogni, amore mio. Mi chiedo fino a che punto credere che sia solo un caso…”
Lentamente Æthelweard si alzò dal letto, dirigendosi verso la finestra alla sinistra del letto. Fuori il vento ululava come non mai, ed anche la pioggia era caduta incessantemente per tutto il giorno, come spesso succedeva a Kul Tiras.
Rhenya lo raggiunse abbracciandolo da dietro le spalle. Entrambi non diedero peso al fatto di essere senza vestiti addosso, il calore delle due lanterne agli angoli di quella stanza, non troppo grande in realtà, riusciva a non far sentire freddo ai loro corpi. L’elfa posò una mano sul fianco destro di Æthel, dove campeggiava una vistosa cicatrice.
“Non è mai guarita del tutto…”
“Sono passati 4 anni da quel giorno…” Æthelweard posò delicatamente la sua mano su quella di Rhenya.
“E da quel giorno non ci siamo più lasciati.” Completò lei.
Si scambiarono un rapido bacio. “Dovresti tagliarti questa barba! Mi da fastidio quando ci baciamo!” disse scherzando Rhenya.
Æthelweard aveva girato così a lungo insieme a Rhenya in quei 4 anni, che quasi non aveva avuto il tempo di radersi. Alla fine aveva pensato di lasciarsela quella barba, che alla fine non era nemmeno così lunga. Ser Æthelweard il Dorato era ormai parecchio conosciuto nei Regni Orientali. Æthel aveva combattuto in diversi villagi, difeso la popolazione dai non morti e dall’Orda, aiutato e guarito il popolino quando ci fosse necessità…
Dal piano di sotto salivano tutti i suoni di una tipica serata alla locanda in una giornata come quella: schiamazzi, chiacchiericcio…
“Scendo giù, magari stasera riesco a raccogliere qualche informazione su cosa sta succedendo a Stormwind…” disse il paladino mentre si vestiva.
“Vengo anch’io” rispose prontamente Rhenya, ma Æthel la fermò.
“Riposa, Rhenya. Non diamo troppo nell’occhio. Le locande sono posti più pericolosi di quanto non si creda.”
“Ma sentitelo..!” il tono dell’elfa ora era canzonatorio. “Com’è diventato saggio il nostro ser Æthelweard il Dorato! Dici a me di riposarmi? Eppure mi sembra di averti sfiancato per bene fino a qualche ora fa…” dal canzonatorio nell’ultima parte della frase si passò al malizioso. “Però hai ragione” concluse infine Rhenya tornando seria. “Meglio non dare troppo nell’occhio vista la situazione.”
Nel frattempo Æthelweard aveva indossato i calzoni blu, ed un farsetto di color rosso in cui era ricamato il pugno chiuso di colore blu simbolo del Silver Hand. Ai piedi indossava degli stivali. Diede un altro bacio a Rhenya, che al contrario di lui, era rimasta nuda.
“Ci vediamo dopo” le disse, poi si avviò verso la porta e la chiuse dietro di sé dopo essere uscito.
Æthelweard discese le scale in legno, ed i suoni della sala principale della locanda si fecero sempre più vicini. Come aveva intuito dalla sua camera, quella sera c’era particolare affollamento. Nani, elfi, umani, gnomi, non mancava davvero niente.
‘Con la tempesta che c’è fuori, è certamente piacevole stare qui al caldo’, pensò mentre si guardava intorno. I tavoli erano praticamente tutti occupati. Quattro lanterne illuminavano la grande stanza, oltre ovviamente al vivace fuoco del camino. Stavano scorrendo fiumi di birra e l’odore della carne arrosto permeava l’aria come non mai. Æthel sentì lo stomaco brontolare. Effettivamente era dal giorno prima che non metteva qualcosa sotto ai denti. Lui e Rhenya erano arrivati alla locanda troppo stanchi, o forse troppo vogliosi di intimità, per mangiare. Si avviò così al bancone. Il locandiere era un omone addirittura più robusto di lui, con un ventre prominente ed un viso tondo, adornato da dei folti baffi neri.
“Ser Æthelweard!” lo accolse, con quel suo tono affabile e bonario. “Cosa posso servirvi? Abbiamo dell’ottima carne stasera e gustosa birra per annaffiarla!”
Il paladino si sedette nello sgabello. “La carne andrà benissimo, prendo quella. Mi raccomando, ben cotta!”
Il locandiere si affrettò a rispondere. “Arriva subito, milord! Non si dica che nella mia locanda si fanno aspettare i nobili paladini del Silver Hand!”
Ad Æthelweard venne quasi da sorridere al sentire quella frase. Solo quattro anni prima non era che un giovane cavaliere di poco conto. Un ragazzo che sognava di essere un paladino, sempre al servizio di questo o quel lord, e per diversi mesi era stato persino prigioniero della Crociata Scarlatta. Ed ora lo trattavano quasi come se fosse l’ultimo paladino su Azeroth, ovunque andasse.
‘Gli ultimi anni sono stati difficili per tutti’, si ritrovò a pensare. ‘L’Ordine è stato quasi annientato, ma gli uomini devoti hanno fatto in modo che la speranza sopravvivesse… Lord Tirion aveva ragione.”
Non aveva mai rivelato a nessuno dell’incontro con Tirion Fordring, se non a Rhenya ovviamente. Non voleva tradire la sua fiducia, a maggior ragione dopo che lui stesso l’aveva nominato paladino.
‘Forse oggi sarò fortunato. Con tutta questa gente qui, è probabile che qualcuno abbia notizie più recenti… Devo stare attento…’
Ed Æthelweard ebbe ragione. La sua attenzione fu catturata da uno gnomo ed un’umana che stavano discutendo. Il primo sembrava indossava una veste viola ed abbastanza agitato.
‘Sarà un mago del Kirin Tor?’
“Ti dico che Anduin è il Re di Stormwind! Quel pagliaccio che spacciano per Varian è solo un impostore! Un altro trucco di quella strega di Lady Prestor!”
La ragazza rispose con altrettanta sicurezza. “Oh, Yazeed, ti infervori sempre quando parli dell’Alleanza! Il Senza Corona non è più Re da quando suo padre è tornato, che ti piaccia o no! Capisco che Varian non sia quello che ti aspettassi, ma devi fartene una ragione!”
Quello era proprio l’argomento su cui Æthelweard cercava informazioni. Da diverso tempo ormai l’Alleanza sembrava spaccata. Re Varian era tornato a Stormwind, si diceva, ma era un uomo completamente diverso da quello che si ricordava. Aveva spesso comportamenti a dir poco bizzarri e molto del suo ardore sembrava andato perduto. Anduin era tornato quindi al suo status di Principe, ma molti lo consideravano ancora il vero Re, tanto che era ormai diffuso nei Sette Regni ed oltre il nome di Anduin il Senza Corona.
“Secondo me sbagliate entrambi”, disse un uomo lì vicino, Æthel pensò fosse un avventuriero, a giudicare da come era vestito. “Avete sentito di quel Lo’gosh, il gladiatore? Quello che è accompagnato da un elfa ed un elfo della notte! Chi l’ha visto combattere giura che quello sia il vero Varian Wrynn!”
“Ma non diciamo idiozie!” ruggì un nano dalla folta barba scura. “Un selvaggio sul trono di Stormwind? Spero di morire prima di vedere una cosa del genere!”
‘Un trono per tre Re…’ rimuginò Æthelweard mentre attorno a lui i toni si accendevano su quella discussione. ‘Se solo avessi notizie dirette…’ Si portò la mano alla fronte. ‘Mi fa male anche la testa…’
“Se solo avessimo Lady Jaina a guidarci…” stava dicendo un uomo anziano dall’altra parte del bancone. “Chi meglio di lei conosce l’Alleanza?”
Ma a quelle parole un uomo dai capelli biondo cenere e la pelle olivastra scattò in piedi. “Non osare pronunciare quel nome a Kul Tiras, vecchio! È meglio che quella traditrice stia alla larga da qui e da tutti noi. Ci ha venduti all’Orda!”
“Io dico invece che ci ha salvati dal conflitto con l’Orda,” ribatté il vecchio. “Lord Daelin è caduto per un tragico equivoco, non si è voluto fidare della figlia, ma se abbiamo questa pace adesso, lo dobbiamo a lei.”
Il kul tirano portò la mano alla spada attaccata alla sua vita. “Non un’altra parola…”
Gli animi si erano davvero accesi, e la situazione sembrava sul punto di degenerare. Æthelweard si mosse per cercare di sedare la situazione, ma venne anticipato da… una voce. Un canto che si alzò dal centro della stanza. Apparteneva ad una donna e le voci andarono spegnendosi per ascoltare quel canto.
“Non ti fidar della Figlia del Mar”
“Attenti a lei”, si udì
Nel vento la sua voce risuonar
Poi l’onda lo ghermì.
I marinai morti a Kalimdor
Nessuno seppellì
E l’Ammiraglio cadde a Theramore
Perchè lei lo tradì.
Perchè?, perchè?, oh tu Figlia del Mar?
“Perchè l’hai fatto?”, chiedertì vorrei
Eri l’orgoglio del tuo popolo
E adesso cosa sei?
Quand’ella il grande oceano attraversò
Il padre la seguì
Con l’unica speranza nel suo cuor
Di rivederla un dì
Ma in quei remoti lidi egli trovò
Orde d’affrontar
E quando quei selvaggi fronteggiò
Lei stette lì a guardar.
Tradito dal filiale amor
Lasciato ad annegar
Con l’ultimo fiato egli gridò:
“Attenti alla Figlia del Mar!“
Alla fine un applauso riempi la sala della locanda di Boralus. “La voce di Lady Jalhia è un dono della Luce!” disse lo gnomo in tono estasiato. “Complimenti Lady Jahlia!” le gridò. La donna, un’umana dai lunghi capelli neri come la notte gli sorrise. “Sei sempre troppo gentile, Yazeed.” Tutti nella sala stavano applaudendo e sembravano aver scordato la discussione di pochi istanti prima. Tutti tranne un elfo, seduto ad un tavolo poco distante dal bancone. Æthelweard lo osservò…. e si stupì. L’elfo era vestito completamente di nero ed indossava mantello e cappuccio e ricoprire il capo, ma per quel che il paladino poteva vedere il suo corpo era completamente ricoperto di bende. Solo un occhio era lasciato scoperto. Incuriosito, fece un cenno al locandiere. Quest’ultimo accorse, sporgendosi verso Æthel.
“Si, milord? Un altro cosciotto? O forse un boccale di birra?”
“No, no… volevo chiedere…” Æthelweard abbassò la voce. “Chi è quell’elfo?” indicò facendo cenno con gli occhi. Il locandiere rispose con lo stesso tono basso. “Oh, Torrhen! È un reduce di guerra, milord, è arrivato qui due settimane fa da Stormwind… Credo non abbia più una casa, povero elfo… Parla anche poco, per questo gli uomini qui hanno iniziato a chiamarlo Torrhen l’Ombra.”
Æthel guardò quello strano elfo. “Da Stormwind, eh..?”
Il locandiere di discostò. “Allora non le porto nulla, Ser Æthelweard?”
“No, grazie…” rispose il paladino distrattamente. ‘Forse è il mio giorno fortunato…’
Æthelweard si avvicinò così al tavolo, fino a giungere davanti all’elfo. “Siete Torrhen, giusto? Ho sentito che venite da Stormwind…”
L’elfo alzò lo sguardo verso Æthel, ed il paladino si accorse che persino il viso era bendato. L’occhio dorato di Torrhen l’Ombra lo stava ora fissando. Æthelweard si sentì per un attimo a disagio. Passò qualche secondo, poi, lentamente, l’elfo annuì.
“Sono Ser Æthelweard, posso conferire con voi? Vorrei chiedervi alcune cose…”
Anche stavolta passò qualche secondo prima che Æthel udisse la risposta. “Il Dorato, si… ho sentito parlare di voi…” Æthelweard non poté dire quale fosse la voce di Torrhen l’Ombra, poiché essa veniva fuori dalla sua bocca ovattata dalle bende. “Prego…” concluse il reduce.
Il paladino si accomodò su una sedia di fronte all’elfo. Nella sala intanto era tornata la calma, ed alcuni erano ancora intorno a Jalhia per complimentarsi con lei.
“Non vi è piaciuto il canto?” domandò Æthelweard per cercare di non andare direttamente al punto. L’elfo spostò il suo sguardo su Jahlia. “Ho visto troppe cose.. nella mia terra ormai non si canta più. Non riesco più a gioire dei canti…”
Poi, il paladino chiese ciò che più gli interessava. “Capisco… negli ultimi tempi ho sentito voci discordati su Stormwind..” esordì Æthelweard. “Ma manco dalla capitale da anni… Voi venite da lì, sapete dirmi qual è la situazione reale? C’è davvero un pericolo incombente?”
Torrhen ascoltò ogni singola parola senza mai distogliere il suo occhio dorato dal paladino. Poi, sempre con quella calma, come se quasi si affaticasse pure a respirare, rispose.
“Stormwind è in mano a Lady Prestor, ser Æthelweard. Se nessuno interviene, presto non solo la capitale, ma l’intera Alleanza rischia di crollare… Le vostre preoccupazioni e quelle di Rhenya sono fondate…”
Æthelweard sarebbe sobbalzato, ma riuscì a non scomporsi a quelle parole. “Voi conoscete Rhenya? Come? E come sapete che sono preoccupato?”
Torrhen aprì e chiuse la sua mano bendata, ed Æthel avrebbe giurato che sul suo volto in quel momento ci fosse sofferenza. “Ve l’ho detto, ho sentito parlare di voi… Ormai molti conoscono Ser Æthelweard il Dorato e Rhenya Blackfyre nelle terre dell’Alleanza.”
‘È plausibile… io e Rhenya abbiamo girato parecchio negli ultimi anni…’
“E Re Varian?”
“La situazione del Re è ben più complicata di quello che avete ascoltato poco fa… la morsa di Lady Prestor su di lui è forte..”
Æthelweard si alzò. “Vi ringrazio, Torrhen. Sono in debito con voi.” Il paladino fece per andarsene, ma Torrhen l’Ombra non aveva ancora finito quella conversazione.
“Portatemi con voi.” Sembrava affaticato ora. “So che state andando a Stormwind.. avete detto che siete in debito, sono sicuro che troveremo un modo per farvi sdebitare.. So come agisce Lady Prestor.. non posso combattere ma posso esservi d’aiuto…”
“Io però non vi conosco…” Æthelweard era dubbioso. Quell’elfo l’aveva si aiutato, ma era comunque strano.
“Non ho un posto dove andare.. non è forse dovere di un paladino del Silver Hand proteggere i più deboli?”
Ser Æthelweard ci pensò su per qualche secondo…
“Fatevi trovare al molo, all’alba.”
Torrhen l’Ombra annuì lentamente come aveva fatto all’inizio.
Si incamminò per tornare su, a riferire tutto a Rhenya e per dirle di prepararsi alla partenza. Nel breve cammino arrivò vicino a Jahlia, e per qualche istante la guardò meglio in viso. Æthelweard ebbe una sensazione che non si seppe spiegare.
‘Alys…?’
Scosse la testa, e perso in quel pensiero senza senso non si accorse della ragazza che stava andando nella direzione opposta alla sua. I due si scontrarono.
“Oh, mi scusi signorina, non volevo..”
Ma la ragazza era già sparita dalla sua vista perdendosi nella folla. Æthelweard vide solo di sfuggita la sua veste gialla.
Salì le scale. Il mal di testa non gli era ancora passato.
Illustrazione in evidenza di Victoria Zavhorodnia.