Capitolo 14: Dalla Caduta alla Vittoria

Inesorabile, l’esercito dell’Alleanza iniziò così la sua avanzata nelle Steppe Ardenti verso la principale roccaforte dell’Orda al Massiccio Roccianera. Quello al comando di Anduin Lothar era l’esercito più vasto che Azeroth avesse mai visto. Migliaia di soldati Umani, insieme a Nani, Elfi e Gnomi, marciarono senza sosta ansiosi di assediare la Montagna stessa. Intanto, nonostante tutti i suoi sforzi, il Warchief Doomhammer non possedeva ancora i rinforzi di cui aveva bisogno; il clan Fauci del Drago e i loro draghi di Grim Batol non erano ancora arrivati, il clan Black Tooth Grin era stato quasi spazzato via nella battaglia navale di Crestfall, e nessuna forza da Draenor si era fatta vedere. Nonostante ciò, Doomhammer, da orgoglioso orco qual era, rifiutò di inchinarsi alla sconfitta, preparando invece una gloriosa ultima resistenza contro i suoi nemici (per approfondire, clicca qui).

Il Massiccio Roccianera, roccaforte principale degli Orchi e teatro dell’ultima battaglia della Seconda Guerra. Immagine ufficiale Blizzard.

Radunando i suoi uomini, Orgrim invitò l’Orda a ricordare il suo passato. Le sue conquiste, le sue vittorie, alimentando così la sete di sangue dei suoi soldati e preparandoli per la battaglia a venire. In breve tempo, l’esercito dell’Alleanza comparve e coprì l’intero orizzonte. Quando ancora la battaglia doveva iniziare, la grande porta della Montagna si spalancò improvvisamente e migliaia di guerrieri dell’Orda si riversarono fuori dalle sue profondità. Da vero leader, Orgrim Doomhammer guidò in prima persona la carica principale dell’Orda, anche se non si illudeva di poter sconfiggere il vasto esercito dell’Alleanza con la pura forza. Nella sua mente, il Warchief aveva ideato un piano: concentrarsi sul tracciare un percorso verso Lothar, credendo che, proprio come era successo nella Prima Guerra, la caduta del leader degli Umani avrebbe inferto un duro colpo ai ranghi nemici. L’attacco improvviso e inaspettato dell’Orda colse gran parte dell’Alleanza alla sprovvista e quella che poteva sembrare come una mossa suicida da parte di Doomhammer, alla fine gli permise di aprirsi un varco ed arrivare a Lothar.

Il Comandante Supremo non si tirò certo indietro, ed ingaggiò Doomhammer in singolar tenzone senza batter ciglio. Ne seguì un epico duello tra i due comandanti nel mezzo della carneficina in corso intorno a loro. Gran parte delle rispettive forze osservarono con il fiato sospeso mentre il clangore della spada contro il martello risuonava in tutta la regione. Ma nonostante Lothar fosse grande e potente, anche per gli standard degli Orchi, ed aveva il vantaggio dell’abilità e dell’esperienza (a quei tempi il Comandante Supremo aveva 57 anni), Doomhammer era ancora ancora più possente e più forte di lui, oltre ad avere il vantaggio di combattere nella sua giovinezza. Sebbene entrambi fossero abili guerrieri, il Warchief alla fine iniziò a guadagnare terreno contro il suo avversario; costringendolo a poco a poco ad indietreggiare con inesorabile ferocia. Alla fine, il Doomhammer, la leggendaria arma di Orgrim, frantumò lo spadone di Lothar in un unico grande colpo, facendo cadere il Comandante in ginocchio. Con un ultimo colpo della sua arma, il Warchief schiacciò il cranio di Lothar, uccidendolo all’istante.

Il Comandante Supremo Anduin Lothar ai tempi della Seconda Guerra. Immagine ufficiale Blizzard.

L’esito del duello tra i due leader ebbe un impatto immediato sui rispettivi eserciti. Rincuorate di vedere il loro Warchief trionfante, le forze dell’Orda avanzarono con rinnovato vigore. Nel frattempo, i soldati dell’Alleanza erano si gettarono in preda alla paura ed al dubbio. Essi stavano perdendo la volontà di combattere, mentre il dolore e la disperazione si diffondevano attraverso le loro fila. Ma accadde qualcosa che nessun leader avrebbe mai potuto prevedere.

Fino a quel giorno, il giovane Turalyon, il secondo di Lothar aveva sempre avuto difficoltà ad esprimersi al meglio. Egli infatti, al contrario degli altri paladini, non era un cavaliere, ma un sacerdote inesperto nell’arte della guerra. Una figura a lui vicino per tutta la campagna contro gli Orchi fu proprio il leader dei paladini, Ser Uther, che non perdeva occasione di consigliarlo ed incoraggiarlo. Ma nonostante tutti i suoi sforzi, Turalyon non riusciva ancora ad usare i poteri dei cavalieri sacri. Ma quel giorno ed in quel momento, non volendo accettare ciò che stava accadendo intorno a lui, il giovane Turalyon, scatenò tutti i suoi sacri poteri. Irradiando pura Luce dalla sua persona accecò tutti coloro che lo circondavano, interrompendo in quello stesso istante i combattimenti. Immediatamente, il paladino recuperò l’arma spezzata del suo comandante dal punto in cui si trovava e fece cadere e lanciandosi contro Doomhammer riuscì a stordirlo con un sol colpo.

Turalyon assunse quindi il ruolo di comandante, invitando tutti i suoi alleati a combattere, anche in quella che era diventata la loro ora più buia. Invocò il ricordo di Anduin Lothar, sottolineando come il loro comandante non si fosse mai arreso alla disperazione, nemmeno nei momenti più cupi. In quanto figli e figlie di Lothar, disse Turalyon quel giorno, era loro dovere portare avanti la sua eredità e portare a termine la sua missione per liberare finalmente Azeroth da quegli invasori.

Ogni membro dell’Alleanza che ascoltò Turalyon quel giorno si ritrovò pieno di un senso di speranza e di giustizia completamente nuovo che oscurò e spazzò via totalmente la disperazione sperimentata pochi istanti prima. Non perdendo tempo, il nuovo Comandante dell’Alleanza di Lordaeron riformò i ranghi e, con un ultimo grido di battaglia, gli eserciti alleati si schiantarono ancora una volta contro l’esercito dell’Orda. Le forze degli Orchi cedettero sotto quel tale impatto e furono così distrutte al di là di ogni speranza di ripresa. I soldati dell’Orda si dispersero in tutte le direzioni, con molti in che tentarono la fuga a sud, verso il lontano Portale Oscuro. Alcuni piccoli gruppi continuarono coraggiosamente a combattere vicino alla Montagna ma furono inevitabilmente sconfitti. Tuttavia, invece di passarli a fil di spada, Turalyon ordinò che costoro fossero catturati vivi. Così, Orgrim Doomhammer e tutti i prigionieri catturati durante la battaglia furono legati in catene, in un atto che simboleggiò la fine definitiva del conflitto.

La sconfitta al Massiccio Roccianera mise irrimediabilmente la parola fine all’Orda di Orgrim Doomhammer. Tuttavia, un folto gruppo di coloro che erano riusciti a fuggiti dalla battaglia si diresse a sud, guidati da uno dei Cavaliere della Morte, Teron Gorefiend. Ma la loro intenzione di raggiungere il Portale Oscuro e, per estensione, la relativa sicurezza su Draenor, fu spezzata, o quasi, proprio da Turalyon e dai suoi eserciti. Essi seguirono il Gruppo di Gorefiend mentre raggiungeva la Palude Nera; l’Alleanza era infatti ansiosa di scoprire la posizione esatta del mistico portale da cui gli Orchi avevano invaso il mondo di Azeroth, un qualcosa che fino a quel momento era sempre sfuggito alla leadership umana.

Turalyon e le sue forze calarono sui loro nemici appena fuori dallo stesso Portale Oscuro. La battaglia che ne seguì si rivelò essere una delle più brutali e cruente combattute nell’intera Seconda Guerra, con l’Orda ed i suoi cavalieri della morte che combatterono furiosamente per la semplice sopravvivenza. Alla fine, quest’ultimi furono in grado di tenere a bada i nemici dell’Alleanza abbastanza a lungo da permettere alla maggior parte delle loro forze di fuggire attraverso il Portale. Non volendo correre il rischio di inseguirli, Turalyon ordinò ai suoi soldati di fermarsi e non andare oltre. Ma scelse anche di sigillare per sempre la Porta Demoniaca.

Per svolgere questo compito, il giovane paladino si rivolse al mago del Kirin Tor Khadgar e ai suoi compagni incantatori. Insieme, essi si riunirono attorno al Portale Oscuro e incanalarono un immenso incantesimo per fare a pezzi la struttura. Esso riuscì a spezzare la magia che lo teneva attivo, costringendo il Portale a chiudersi di colpo. Il contraccolpo dell’energia residua distrusse la struttura di pietra del Portale Oscuro in un’esplosione arcana accecante. Mentre la grande struttura si sbriciolava, le forze dell’Alleanza riunite acclamarono con gioia quel momento. La distruzione del Portale Oscuro segnò la fine della Seconda Guerra e, per la stragrande maggioranza dei presenti, la fine di un capitolo oscuro della propria vita.

Il Portale Oscuro. Illustrazione di Daria Kasimova.

Erano passati 7 anni dall’arrivo dell’Orda su Azeroth. Anni che avevano visto la distruzione di interi regni e la perdita di migliaia di vite. Turalyon ed il suo esercito tornarono trionfanti a Lordaeron con Orgrim Doomhammer in catene insieme a loro.

La Seconda Guerra era finita e l’Alleanza aveva vinto. Ma ora c’era da fare i conti con le macerie che 7 anni di guerra si erano lasciati dietro.

IN ALTO: Gli eserciti dell’Alleanza al Portale Oscuro. Illustrazione di Peter Lee.